Errori dei padri, per lo meno del mio.

Tutto ebbe inizio circa 30 anni or sono, quando mio padre eiaculò senza troppi preliminari dentro l’utero di mia madre.
Non ho mai letto la Bibbia, ma son pronto a scommettere che anche il Libro della Genesi abbia un incipit grossomodo simile a questo.

Ragazzi, siate consapevoli e lungimiranti, usate sempre il preservativo, sempre. Soltanto così eviterete con assoluta certezza che un giorno vostro figlio scriva parole imbarazzanti su di voi su internet, o che diventi un idiota, un vegano che rompe il cazzo a tutti gli altri o un fan di Dell’Utri su facebook.

In mancanza di anticoncezionali meccanici a base di lattice e/o di pollici opponibili, il sesso anale resta il miglior modo per evitare gravidanze inattese (come insegna Harmon Tedesco). Mentre se ormai è troppo tardi per impedire che un ovulo fecondato diventi uno sciroccato distributore di menzogne, magari un creazionista, se no che diventi una che ti fa orgogliosamente vedere le tette in webcam per una ricarica da 10 euro, beh, cazzi vostri, dovevate leggermi prima.

Prima o poi gli errori vengono a chiedere il conto però al meno avrete qualcosa da rinfacciare alla vostra donna;

– “Caro, ho scoperto che nostra figlia è una cam girl! Ha un blog nel quale racconta la sua vita, senza vergognarsi di essere una lurida puttana! È terribile! Come è stato possibile? Dove abbiamo sbagliato?”
– “Bah. Se quella notte tu mi avessi dato il culo non sarebbe successo.”

Inoppugnabile.

Beati gli omosessuali che non hanno questo tipo di problemi. Hanno i pestaggi sui mezzi pubblici o nei locali, le discriminazioni per trovare stanze in affitto e l’AIDS, hanno Vendola e mi dispiace, ma niente ansia da gestazione non pianificata. no, dico sul serio.

Cosa fare se ormai avete ingravidato una donna e proprio non volete aumentare il tasso di natalità nazionale? Non dimentichiamo che le possibilità che un altro Ghedini, Scilipoti o Sallusti escano fuori da quella vagina malamente stantuffata non sono scarse. Siete pronti a correre un rischio simile?

Pensate anche al rischio che vi venga fuori uno come me che sul suo blog scrive cose imbarazzanti su di voi.

Stando a recenti studi scientifici pare che mostrando a una donna gravida le foto dei membri del consiglio amministrativo di Standard’s&Poors le possibilità di un aborto spontaneo siano le stesse provocate dagli editoriali di Belpietro o dall’ultimo film di Sorrentino.
Altrimenti quattro calci ben assestati nel bassoventre sortiscono sempre gli effetti desiderati, ma che nessuno lo dica a Sorrentino.

Altro modo per reagire a una maternità di cui si è responsabili, in caso voi foste dei non violenti o tanto ottenebrati da non voler contemplare la possibilità di far abortire la vostra feconda femmina, sta nel darsela a gambe.
sì, dico sul serio.
Così facendo non eviterete in nessun modo che questo pianeta venga solcato da un altro tamarro di periferia, piuttosto che dall’ennesimo ignorante che sogna di partecipare al Grande Fratello o dal bulletto di quartiere che morirà di overdose raggiunta la maggiore età o da me; non lo eviterete, ma sapete come si dice, “occhio non vede, cuore non duole”.
anche se in realtà inizio a pensare che la migliore educazione che si possa dare ad un figlio, sia abbandonarlo… prendete Gesù per esempio.

Quel genio che circa 30 anni or sono concorse alla mia trionfale venuta al mondo non fece né l’una né l’altra cosa.
Non so se mi spiego.

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Chi torna da un viaggio non è mai la stessa persona che è partita

E’ successo un casino: hanno abbattuto il mio albero, il mio vecchio, grande, bellissimo, inutile albero di castagne.
Era qui sotto, sul limitare del campo che era del mio nonno, quello dove, da piccolo, andavo a cercare reperti archeologici, quello dove fingevo di essere un gigante cattivo che lanciava grossi massi e distruggeva tutto (erano zolle di terra, nella fattispecie), quello dove avevo costruito un nunchaku con due pezzi di legno e un filo e poi me lo ero tirato sul naso, e dove avevo costruito mille boomerang, nessuno dei quali è mai tornato indietro.
Vent’anni fa, in quest’angoletto di campagna, la mia infanzia bucolica trascorreva inconsapevole di stagione in stagione. Ero il classico bambino in calzoncini corti, ginocchia sbucciate e cerbottana, e data la mancanza di compagni di gioco (li avevo, ma loro erano diligenti e facevano i compiti) usavo la fantasia e mi ritrovavo a fare le cose più insensate, la maggiore delle quali era cercare un’anima in quel grande albero di castagne e comportarmi come se l’avesse. Ogni giorno gli giravo intorno, mentre facevo i miei giochi da bambino asociale, e in qualche modo mi sentivo al sicuro; nelle fantastiche minchiate che mi giravano per la testa, io in qualche modo sapevo che lui mi guardava, che si accorgeva di me, con quel suo acutissimo intelletto da vegetale anziano, si accorgeva della mia urtante presenza e probabilmente pensava “accidenti, questo cucciolo di umano è veramente un disadattato. Ma una volta non c’era la selezione naturale?”. Nonostante io avessi da fare un milione di cose assurde, inutili, pericolose e poco igieniche, quando passavo di lì mi ricordavo sempre di lui, e allora lo guardavo, mi assicuravo che stesse bene, gli giravo intorno, se c’erano mangiavo un paio di castagne, poi correvo a prendere un secchiello e gli davo un po’ d’acqua.
Dato che ero un bambino intelligente (ero psicopatico, non stupido), sapevo perfettamente che quell’acqua non gli serviva a nulla, perché il mio albero era un albero grande e aveva delle radici lunghissime, almeno quanto i rami, radici che arrivavano giù in profondità dove la terra è sempre bagnata, come alcune ragazze che ho conosciuto, quindi in teoria non aveva bisogno di niente, ma non mi importava: io gli volevo bene al mio albero, andavo lì regolarmente perché volevo prendermi cura di lui, con tutto il candore e l’innocenza di questo mondo. Dio, ero proprio insopportabile (oltre che preoccupante), sembravo uscito da un cartone Disney; davanti a tutta quell’ostinata tenerezza il mio povero, paziente albero deve aver pensato “piccolo dolce infante ritardato, smettila immediatamente di innaffiare le fottute erbacce che mi crescono intorno e vai a giocare al dottore con le bambine, piuttosto.”.
Ricordo che una volta, preso da un qualche delirio ecopanteistico new age, l’ho anche abbracciato, il mio albero, perché per il bambino deviato che ero quell’albero era un amico particolare, una specie di E.T., una forma di vita diversa. Non ci avrei mai parlato, con il mio albero, non ci avrei mai giocato insieme, non ci avrei mai fatto niente del genere, era ovvio, non era proprio possibile, perchè lui era un albero inerte e inespressivo e io un bambino scemo con molta fantasia, però non mi importava.
Quell’albero era un amico, gli volevo bene.

Col tempo, poi, ha iniziato ad appassire; in fondo era inevitabile.
Intendo il mio animo da bambino scemo:

con gli anni, piano piano, è andato spegnendosi, ho smesso di fare l’idiota con il mio albero, ad un certo punto l’ho proprio dimenticato, il tempo ha cominciato a correre, finché mi sono ritrovato ormai trentenne. una mattina mi sono alzato, sono andato al giardino del mio nonno immerso in mille pensieri e impegni vari, mi sono affacciato alla finestra e ho visto in mezzo al campo un grosso spiazzo senza erba, un po’ di terra smossa e delle radici strappate. I miei nonni mi hanno spiegato che col tempo era avvizzito, ogni anno si ritrovava con meno foglie e meno castagne; negli ultimi tempi alcuni rami erano caduti giù da soli, ormai era proprio da abbattere. Sono rimasto lì a guardare il vuoto, amareggiato: in fondo lo sapevo, avevo notato che si stava seccando, ma non mi ero mai soffermato a pensarci.
E insomma, quella poteva anche essere una giornata triste, perché il bambino scemo che è in me, davanti a quello spettacolo di morte e inesorabilità, aveva avuto un sussulto, era rispuntato fuori dall’angoletto in cui lo avevo confinato e aveva iniziato a piangere, a battere i pugni, cercava di farmi capire che quella era una tragedia, che non dovevo ributtarmi negli affari e nella roba come se niente fosse, non questa volta, no, dovevo fare qualcosa, e io allora ho fatto qualcosa, ho preso in braccio il mio bambino scemo e gli ho ricordato i vecchi tempi, quando c’era solo lui e il mondo era un grosso parco giochi dove poter fare cose inutili e ridere dalla mattina alla sera. In particolare, gli ho raccontato di quando un giorno, mentre si rotolava nel fango lì vicino, aveva visto un piccolissimo albero di castagne, che era germogliato spontaneamente da una noce caduta in terra. L’aveva visto, aveva capito cos’era, aveva sorriso al grande albero, e poi come un vero bambino scemo l’aveva estratto con molta cura, con tutta la sua zolletta di terra, e lo aveva messo al sicuro in un vecchio vaso di terracotta rubato alla nonna, perché li in mezzo al campo da coltivare poteva succedergli di tutto. Ogni giorno, poi, lo aveva innaffiato, gli aveva tolto le erbacce, lo aveva visto crescere, finchè un giorno il babbo, da buon signore delle selve, lo aveva preso e lo aveva piantato da un’altra parte, in un bel posto, una delle sue montagne piene di alberi.
Il mio bambino scemo allora si è ricordato tutto e ha smesso di piangere, poi mi ha chiesto se un giorno lo andremo a trovare, il nostro albero.
Ma certo che ci andremo, gli ho detto io.
Promettilo, ha insistito.
Ma si, te lo prometto, tranquillo, gli ho detto, un po’ spazientito.
E lo abbracceremo di nuovo, mi ha chiesto lui.
Bè, adesso stai esagerando, gli ho risposto con il tono severo.
E dai, e dai, promettimelo, promettimelo!
Va bene, si, promesso, promesso, gli ho detto. Lo abbracceremo di nuovo, il vegetale, però adesso basta, non farmi fare più figuracce, che siamo su internet, la gente ci guarda. Torna a fare i tuoi giochi scemi, su, da bravo. E comportati bene, che diamine: smettila di essere così felice! che cazzo sei felice a fare PORCODIO!

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come funziona la seduzione (e le donne) pt2

la parte 1, la trovate quì. inoppugnabile, lapidaria, ma ora mi rendo conto… non completa

Bene, stavo dicendo… anni fa ero più agguerrito, cercavo di cambiare le cose, mi lamentavo… sarà che mi ha morso Bukowsky ma più passa il tempo e più smetto di giudicare e anche io, guardo annoiato.
guardo la realtà che mi scorre davanti come se tutto sia già successo, come se fossi un vecchio seduto su una sedia a dondolo, che guarda il cortile davanti a casa sua.
parlavamo di donne giusto? bene, ecco quì la mia storia, o per meglio dire, la storia di Laura, che per proteggere la sua identità, chiameremo Laura.
citando Nebo, che ne offre una descrizione da premio oscar, Laura è una delle tante sfigate nate belle, che quindi non hanno mai sentito il bisogno di migliorarsi e hanno messo la passera sottovetro in attesa di Johnny Depp con il fisico di Vin Diesel e i miliardi di uno sceicco arabo. naturalmente il piano non ha funzionato, e a trentacinque anni sono così disperate da ciucciare le palle a qualunque cialtrone sappia rivendere frasi di Fabio Volo in un ristorante di media statura. buona fortuna ragazzo di Laura, sarà eccitante la vita con lei, sapendo che sei un ripiego surrogato dal fatto che lei sta invecchiando e inizia ad aver paura di stare sola.

quindi di nuovo, ecco una nuova variabile, che ogni uno vedrà a modo suo. a modo mio non è nient’altro che un’altra gittata di fango su quello che reputo essere i rapporti uomo-donna.

menzogne, finzione, instabilità, disillusione.

perché tante volte è così che finisce. conosci la donna della tua vita quando lei ha poco più di 20 anni e in quei momenti sta cercando qualcosa-non-so-cosa e la sua vita ha così tante strade da percorrere, che alla fine la stabilità che le offri non vale il prezzo della libertà perduta; si stanca di camminare con te e prende un’altra direzione, perché può; perché ce ne sono mille altre.
non era ancora il momento. fosse capitato 5-10 anni dopo, con più strada alle spalle che davanti, sarebbe stato diverso.

e in maniera differente ma simillima, Laura aveva la sua strada in mente, e cammina cammina, ha finito per trovarsi più sui 40 che sui 20 e può solo decidere di correre ai ripari, continuare a sognare Johnny Depp o alzare bandiera bianca e annoiarsi delle relazioni perché insoddisfatta.

vuoi un consiglio? bene, apri le orecchie: quando ti capita di stare bene con una ragazza giovane, approfittane sempre come se fosse l’ultimo mese che avete a disposizione l’un l’altro… perché è facile che sia così. un giorno sarai circondato solo da trentenni annoiate; svuotate da una vita ripetitiva fatta d’insoddisfazione e insofferenze. quella grinta di quando hai 20-25 anni, passerà e non ti lascerà niente se non un ricordo di se stessa.

Allegria!!

 

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Disoccupazione. un articolo breve

In Italia come in Spagna, visti i licenziamenti e i tagli recenti ai fondi per gli impieghi pubblici, per far fronte alla crescente disoccupazione, urge creare nuove attività che offrano servizi fin’ora mai offerti.
uno dei quali è l’impiego del chioscaro.
se a milano, essendo città dove manca il verde, un chiosco di un fioraio può trovare posto,
non vedo perché in campagna, non debba esistere un chiosco che venda mattoni e bolognini.

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Felicità e altri post cinici

La felicità è una nostra dannata esigenza, come fosse un fisiologico rigurgito di bile dopo una sbronza di realtà.
Attimi, impercettibili istanti, in cui tutto sarebbe perfetto se solo…
La felicità è un errore in un sistema che mette in relazione il tasso di consapevolezza con l’assiduo bisogno di annebbiarla, quella consapevolezza, pena la follia più pura, nel migliore dei casi. O la mediocrità totale, nella peggiore delle ipotesi.
A volte sono proprio gli errori che sappiamo di stare per commettere che ci danno la vaga illusione di essere felici.
Sbagliare per stare bene, che paradosso. “Vivere rinunciando a vivere, che stronzata” [cit.].
Quante volte ti sei sentito vicino a quello che vuoi? Quante volte hai davvero capito cosa vuoi?
Poche, ammettilo.
Ma quelle volte che sei stato lì, a due passi da non sai nemmeno cosa, solo con la sensazione di essere vicino a qualcosa, a qualcosa d’importante, qualcosa per cui valeva la pena urlare, prendersi due schiaffi o passare per bastardo, stordito da una imprecisa sensazione di pseudo felicità, inebriato dall’impeto di quel momento, così indescrivibile, così inaspettato, così.
Così sbagliato.
La cosa peggiore di quando quancuno che ti è vicino commette uno sbaglio e ti ferisce, è quando questo non lo riconosce e tira dritto come se niente fosse. Gli errori si pagano e se non chi li ha commessi, sarai tu a pagarli; semplicemente perché sei svegio e vivo, semplicemente perché sei un uomo/donna con una dignità, semplicemente perché ne hai pieno il cazzo, semplicemente perché gli errori sono come la maestra che cerca con lo sguardo il bambino da interrogare e mentre la tua compagna di banco si fa i cazzi suoi guardando altrove, tu hai il coraggio di guardare negli occhi la maestra.

Forza figlia di puttana, lo sappiamo entrambi che sono io quello che cerchi.
Non sprecare tempo con gli altri bambini, sono io che ti sto guardando negli occhi.

se avrai fortuna ti sentirai vivo, in quegli attimi di attesa. istanti eterni, mentre la tua compagna, pensa a giocare col suo astuccio. è in un altro mondo adesso, vive una realtà finta, scevra di responsabilità. nel mondo vero ci siete solo tu, la maestra, il silenzio e quell’attesa infinita.

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Ragazze italiane in Erasmus

In università ho studiato come si propagano incendi e esplosioni, materiali infiammabili, inertizzazioni, tutto quello che brucia e come spegnerlo.
Non so se avete mai provato a spegnere un gatto, non è semplice, corrono come dei piccoli figli di puttana quelle bestiole lì.
A parte, Scilla, la gatta terrona della mia vicina di casa spagnola; lei rotola.
Uno degli errori più madornali che si possono compiere nella vita di coppia è chiamare la propria morosa usando il nome del gatto, in intimità.

Nessuno vede di buon occhio chi si scopa gli animali, per questo Casaleggio sta sul culo al mondo e non è che tutti voi siate poi così simpatici.
Soprattutto voi, ragazzine italiane in erasmus all’estero (e in questo preciso caso, in Spagna), nei vostri 20-22 anni, che vi credete donne fatte, donne di mondo che sanno già tutto, ma non avete ancora idea di come si apra un mutuo, di cosa siano i valori della vita o di come si trovi un lavoro e che vi cercate una casetta per l’erasmus accompagnate da mamma e papino che sganciano i quattrini del vostro fumo o del vostro alcool. Siete le creature più ritardate che abbia mai incontrato.
Mi fate schifo.
Imparate a crescere prima di raccontarvi quanto siete “donne” e fighe, perché con me non attacca.
E nel frattempo, tornate dall’inferno allattato dalla televisione e dalla musica pop che vi ha partorito e possibilmente, restateci.

Farete un favore a tutto il mondo.

Resoconto? bene, di tutte le nazionalità di gente che ho conosciuto, gli italiani, ancora una volta, si fanno riconoscere per essere i più inutili, vacui, contenitori per organi caldi… sarà un perfetto colpo di fulmine per quel ragazzone brasiliano dalla pelle d’avorio o per quel tedesco con la faccia sbarbata da Justen Bieber ma è inutile che continui a puntarmi, offrendomi da bere o vestendoti provocante, finché dentro di te ci trovo solo spazzatura e dozzinalità. Personalmente mi accompagno con risme differenti; magari risme con scritto qualcosa e non fogli bianchi o imbrattati di inutilità… senza offesa.

e così, nulla di meglio che questo, può sintetizzare il sano disprezzo che provo per voi .

in verità vi dico, un discorso simile si può fare per i ragazzi, ma per quello, mi mancano dati.

 

IndirizzoDelBlog!: l’unico blog che ce l’ha su con tutte le persone munite di un QI alto, solo se verificato sui libri di testo 🙂

Merda e storie di vita

Osannare verità:
Chi succhia cazzi sporchi della propria stessa merda ma poi ti rompe i coglioni se non ti lavi le mani prima di mangiare non è una persona di cui ci si può fidare.
Chiuso.
Quindi bisogna sempre stare attenti agli amici che ci si fa o ai partner che si frequenta. c’è spesso grande discrepanza entro quello che professano e le loro luride, nascoste abitudini o morbosità.
Quanto più una persona pare perfetta, tanto più nasconde del marcio.
E’ per quello che mi piacciono le persone squilibrate, perché non fanno sforzi per nascondere ciò che sono in realtà.

All’istituto psichiatrico erano tutti matti a modo loro, ma la cosa era chiara al personale infermieristico quanto ai medici. Gli unici che non si accorgono di niente, sono proprio i matti.

Categorie:Storie di vita

Sesso in Spagna

considerazioni di pura statistica:

il probema dei rapporti interpersonali uomo-donna in Lombardia è che se fai sesso ti spettini e Milano, capitale del look, ha reso tutti metrosessuali.
meglio avere ragazze pelate o coi capelli a spazzola come Guile di street fighter.

Ma andiamo dritti al punto: anno 2014, febbraio. cosa succede se su google si digitano le seguenti parole
“sexo ciudad espana”? ecco che un mio amico, pochi giorni fa, mi pone questa dommanda.
i risultati?
bene, dopo attente ricerche, i numeri parlano chiaro e vengono da una app che registra il numero di scopate postate su internet degli utenti, worldwide.
si evince che Salamanca batte, ad esempio, la tanto decantata Barcellona di (quasi) due volte.
Barcellona conta 1,6 milioni di abitanti e tutti assieme scopano la metà dei 155 mila salamantini.
come dire che il mediocre salamantino, probabilmente brutto, probabilmente noioso, scopa venti volte di più del mediocre barcellonese e con tutti gli errori derivanti dalla raccolta dati del programma ijustmadelove (ad esempio che il programma è usato per lo più dai giovani e a Salamanca ci sono proporzionalmente più giovani che in qualunque altra città), 20 volte è davvero tanto.

quindi, com’è possibie concentrare tanto amore in un buco di città dagli inverni rigidi, senza spiagge e senza bikini, tranne in un bar dove le ragazze shirtless si beccano una coppa di alcol gratis?!? no davvero, la spiegazione di questo fenomeno sociale è di una semplicità imbarazzante.
non servono clima mite, spiaggia, buon cibo, buoni prezzi, economia ridente… tutte stronzate. servono solo studenti stranieri o alloctoni.
la verità è che le studentesse straniere si sentono molto libere di fare quello che vogliono (e nessuno si lamenta, badate bene che in un mondo di proibizionismo e femminismo, essere relativamente libertini è un buon inizio e se magari si riesce anche ad essere intelligenti, si fa jeckpot) e per stare al passo, le spagnole di tutte le risme, devono darsi da fare; non vale fare la preziosa, perché se un ragazzo ti desidera, adesso, e tu sei indecisa, ci saranno sempre, contemporaneamente altre ‘n’ ragazze che te lo vorrebbero strappare di dosso, per vedere com’è nudo e non importa se tu sei la più bella, la più affascinante e sensuale di tutta la città. lasciami spiegare bimba mia, che o prendi quel che vuoi, o se lo prende qualcun’altro… che è anche la regola dei migliori buffét

i risultati sono quindi due:
1) ritrovarsi in una ridente città dove della gente si bacia teneramente a fianco dei cassonetti della spazzatura o di bellissimi edifici storici da sindrome di Stendhal
2) sapere che se un ragazzo/a ha deciso di stare con te o aspettare che ti decidi, è perché disposto a volerti davvero bene (o perché è davvero disperato)

ho sempre pensato alla lealtà e al “commitment” come ad un valore estintosi in natura, esattamente come si è estinto l’Axolotl nelle baie del Messico e in effetti più passa il tempo e più me ne convinco. sì, perché il risultato 2 ha una validità praticamente nulla a volte. quindi se sei brutto e inetto con le donne, sappi che ci sono angoli di Spagna che possono darti dei sorrisi al prezzo di una birra. D’altra parte sei sei piacente e sveglio, capiterà che qualche ragazza, dopo averti offerto da bere e averti parlato del fatto che sta col suo ragazzo da 2 anni, “dimentichi casualmente” le sue mutandine nel tuo bagno. e sì che mi aveva detto che andava semplicemente a lavarsi le mani prima di cenare… mi vorrà dire qualcosa?

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