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Archive for luglio 2011

La vendetta di Giovanni Rana

Cercando di trovare il legame tra cibo e identità il discorso si fa più complesso di quanto possa sembrare a prima vista.

Si potrebbe circoscrivere questa trattazione sul piano geografico-regionale asserendo che i vicentini sono detti Magna-gatti, i Bruxellesi Mangia polli, gli italiani del nord Polentoni.

Si potrebbe citare per ore migliaia di cazzate sul “Siamo quel che mangiamo”, spaziando dalla scienza dell’alimentazione, arrivando ai precetti del turboveganesimo (di cui, se mi ricordo, parlerò in un altro articolo).

Oggi però ho a cuore il tema della cucina dell’odio, intesa come flagello sociale.

Cucinare per amore è evidentemente un ossimoro. È come cristo che muore per amore (lo leggevo in un articolo del dozzo pochi mesi fa).Cucinare é un gesto di sacrificio ed escludendo la nonna che con gesto d’amore, s’immola per il bene dei figli e dei nipoti in un’azione oblativa verso gli stomaci dei familiari, da sempre la cucina è in realtà un esercizio di prevaricazione sociale.

Dai primissimi tempi, cucinare è l’espressione del lusso della classe regnante laddove la sontuosità del banchetto esprime il potere ed il terrore che un sovrano è in grado di esercitare anche sui propri cuochi come sui propri invitati.Il tempo necessario alla preparazione dei cibi e la minuziosa operosità della preparazione ne forniva una misura del lusso e la sofisticazione, la ricercatezza delle pietanze era un valore simbolico di potere e prestigio.

Questo aspetto collima con l’idea della Finkelstein secondo la quale L’artificio del ristorante fa del pranzare fuori un esercizio di buone maniere disciplinato da usanze che ci collocano in una cornice di azioni prefigurate. Pranzare fuor ici consente di agire a imitazione degli altri, secondo nuove immagini, in risposta alle mode, fuori dalle solite abitudini, senza bisogno di riflessione  autoconsapevolezza.

Nelle sale dei ristoranti di Gualtiero Marchesi s’adopera un artificio volto a invischiarci in una tela di ragno dove la “risposta alla moda” si concretizza in una giustificazione al maltrattamento ad opera del cuoco nei confronti del cliente.

Il sig.Marchesi si traveste quindi da vostra nonna per propinarvi cibi della tradizione a scopo di lucro quando vostra nonna farebbe di meglio animata dal sopraddetto spirito di sacrificio. Quello che codardi del genere operano è un ricatto morale dove il servo diviene padrone a scopo di lucro, la sua servile operosità diviene motivo di pregio per se e per i suoi clienti, in una sorta di circolo vizioso della legittimazione delle sovra strutte legate ad un basso istinto come quello del cibarsi.

“Solo uno scappato di casa può accettare simili condizioni di lucro sul proprio istinto primario, ad opera di un vigliacco saccheggiatore di tradizioni e nostalgie di orfani di fatto e di diritto culinario” [cit].

Paradossalmente il vero lusso sociale consiste quindi nel mangiare in un fast food o in un ristorante cinese. Partendo dai termini inversi del discorso, la privazione umana degli inservienti in divisa di queste due realtà ristorative atte a propinare cibo standardizzato offre la dimensione massima di prevaricazione riscontrabile in un contesto culinario. (per chi non capisse, mi spiego meglio, fast food=massima distanza e prevaricazione sociale tra inserviente e consumatore. la distanza è ridotta quando è la nonna a farti da mangiare, ed è invertita quando sei tu ospite ad un banchetto dove sei commensale passivo)

Al contrario gli sconfitti dietro alla barra di McDonald o Burger king non sognano nemmeno di mutare il proprio destino customizzando la merda standard che confezionano . si limitano a immolarsi, privi di libero arbitrio nelle loro uniformi col cappellino, per ricreare uno scenario di privazione che rende il cibarsi una esperienza omologa alla consumazione di un banchetto faraonico in termini di prevaricazione umana dei cucinieri

Se ne avete la voglia, leggetevi tutto questo sunto di appunti. Fornisce dati su cui riflettere.

Ringrazio il Dozzo per il materiale

sociologia, cibo, alcuni appunti

Categorie:Meccaniche sociali

Oniric concert (09-07-11)

è mattina. probabilmente una mattina d’inverno; una domenica.

dormicchio al caldo nel mio lettuccio col piumone tirato fino al mento.

ad un tratto un rumorosissimo nanetto umpa-lumpa vestito di verde-rosso irrompe nella mia camera abbattendo la sottile porta di legno con un calcio, generando una notevole pioggia di schegge che in pochi istanti decantano sul letto e sul pavimento della stanza, lasciando alla vista una sagoma dell nano che si staglia nella polvere dalla luce proveniente dal corridoio alle sue spalle (le stanza è buia, perché la sera prima ho abbassato le tapparelle n.d.a.)

“padrone sveglia! siamo in ritardo per il torneo!”

al ché, mi ricordo che secondo il mio CCNL devo presentarmi in forma per la mia performance annuale natalizia alla mesòn della befana per un contest di streaptis. io e i nanetti umpa-lumpa della fabbrica di willy wonca sfidiamo babbo natale e i suoi folletti in varie prove orrendamente sexy come la seduzione della befana, e cose simili.

Willy Wonka è stato lo storico capo gruppo dei suoi ometti paffuti e pelosi, fino all’incidente dell’88 dove ha perso la vita in uno scontro armato con Caparezza. e così nell’89 mi sono visto contattare da Emma bonino (capo del mio sindacato) che mi ha selezionato tra tanti e costretto a prendere il posto del sig.Wonka.

Babbo natale e gli elfi, dal canto loro, vantano circa 200 anni di reciproca intesa e collaborazione.

arrivati nell’isola di Hans (che doveva essere la casa della befana) appena entrati nel nostro camerino rosa alla moulin-rouge, pieno di specchi con le classiche lampadine tonde ad incandescenza, ci viene consegnata la lista delle prove in cui ci saremmo cimentati. nel nostro campionario compare per prima cosa una danza coreografiche di “In the Navy” o “Macho man”, a scelta.

optando per “In the Navy”, indossiamo i costumi di scena e ci precipitiamo sul palco. 5 nani si vestono da village people; io e gli altri nani ci vestiamo tutti da indiani, solo con la classica mutanda apache che pizzica come poche altre cose al mondo.

sul palco lo scenario ha dell’orrendo. decine di uomini umpa lumpa ciccioni e con le pance pelose, vestiti da apache, si posizionano su una chiglia di una nave della marina statunitense (scenografia). abbiamo i fake-musicisti: un batterista che fa finta di suonare la batteria, un chitarrista che finge di suonare la chitarra e così via, tutti che cantano e saltano scompostamente intorno ai loro strumenti, senza nemmeno guardarli. danno l’idea di essere dei cazzo di gremlins.

poi ci sono i fake-village-people, tra cui il nano negro, reso negro dalla truccatrice nel camerino e ci sono i vari elementi della scenografia… i nanetti-onda, che reggono dei cartonati azzurri a forma di onda con la sciumetta in cima, i nanetti-albero (ma che cazzo ci fanno degli laberi nel mare??) i nanetti gabbiano e i nanetti nuvola appesi con dei cavi d’acciaio all’impalcatura del palcoscenico.

tutto questo quadro è incorniciato dalla canzone dei Village people sparata da degli altoparlanti laterali a massimo volume, benché restino chiaramente udibili alcuni schiamazzi degli ometti/coreografia umpa-lumpa che ripetono ciclicamente le parole “spacco-spacco!”; “siiii!!”; “spacchiamo tutto!”; “il padrooone è buooonooo”; “forza-forza!”; “muovetevi cani!” e così via discorrendo .

tutti sembrano dei gremlins scoordinatissimi, sconfusionati e dotati di rare facce da ebeti, come se vedessero il mondo per la prima volta.

io schiaffeggio le chiappotte di una renna di babbo natale rapita la settimana prima(quella col nasino rosso) tenendo il tempo della canzone. quando le sue chiappette sode tendono la rosso, ad ogni sculacciata sexy, lei muggisce in un espressione di compiacimento.

intanto che il sogno svanisce, sicuro della ineguagliabile genuinità del nostro gruppo, mi convinco che la gara di quest’anno la vinciamo noi sicuramente.

La guerra del latte

Tutto iniziò con un’epica rivolta del 96, che nella mia mente di adolescente lasciò una traccia indelebile;

se le BR avevano ragione, senz’altro rendevano vani i loro tentativi di sovversione per via dei loro strumenti di repressione troppo, troppo violenti;

Vale un discorso simile (sottolineo “simile”, nel senso di “presentante similitudini”, non di “strettamente paragonabile”) per buona parte degli scioperi che, per raggiungere certi traguardi, a volte importanti, causano disordini a chi non c’entra nulla con la questione; ad esempio gli scioperi degli studenti anti-decreto-Gelmini che bloccavano il traffico a Milano intanto che io dovevo passarci per lavorare alle mie formule chimiche. Intendo, ok alla protesta eccetera eccetera, però cerchiamo di rompere i maroni in modo quanto più selettivo. Sarebbe stato più fico intrufolarsi in casa della politicante e segarle tutti i tacchi delle scarpe di modo che gli si rompessero entro un percorso di 550-750 metri a piedi. Una roba precisa, sadica e al con tempo sagace… altro che bandiere e schiamazzi, sarebbe stata un’azione da veri professionisti. Oppure farle trovare ogni giorno, nel frigo, un post-it con scritto che a causa dei tagli alle spese, dei 4l di latte fresco acquistati ieri, si poteva usufruire solo di 2.

Quindi cosa c’era di tanto diverso nel 96 durante le rivolte dei cobas del latte? Fondamentalmente nulla, a parte che stoccavano nelle loro autobotti ettolitri su ettolitri di merda annacquata (altresì nota come idromerda) per poi spararla a pressioni inverosimili dovunque nelle autostrade e aeroporti del nord, oppure sfruttando la diretta televisiva durante la trasmissione di Santoro (Moby Dick) sbeffeggiando il ministro delle politiche agricole Michele Pinto,  durante la quale essi diedero il suo nome ad un porcellino.

Avevo sentito la voce secondo la quale, per ovviare a qualche problema legato ai lotti di vendita del latte, si erano formate associazioni che vendevano il latte direttamente dai distributori automatici. In realtà credo che le cose stiano diversamente.

fatto sta che in preda alla depressione per il mio inesorabile deperimento cellulare, mi sono recato a San fermo della battaglia dove giaceva Lui, il distributore automatico più fico della storia contemporanea. imperava lucente e sfavillante nella notte, in mezzo al posteggio terroso del circo.

il distributore automatico del latte di San fermo che con la sua celeste luce al neon illuminava il cammino di perdizione delle mie solitarie solitarie notti di gioventù, un po’ vintage, un po’ bucoliche.

ecco. non v’è più il mitico distributore.

al posto d’esso ora sorge un pronto soccorso.

ma cosa te ne fai della salute quando non hai il latte crudo?

voglio un bar dove oltre alle classiche spine di birra belghe, ci siano al meno 2 o 3 spine di latte crudo proveniente da vari mammiferi quadrupedi.

ordinare una media di latte non pastorizzato a parer mio fa davvero figo per chi deve ovviare al problema del bere (causa intolleranza, medicinali, malattie, astemia, sport…)

avete mai fatto caso che è ridicolo pagare 4€ per una tazzina di acqua calda e una bustina di the?

quindi fornisco qui di seguito un utile strumento per l’individuazione del latte alla spina nel vostro circondario. dopo aver provato tutti quelli nell’aria del lago comacino, decreto che il migliore (finché non cambiano mucche) è quello a Lucino, nella cascina piena di mosche, cani, cavalli e altre bestie vertebrate tra cui umani.

Categorie:Guerra, Storie di vita

Gas in Val di Susa & QI < di 2π

E così sembrerebbe che le forze dell’ordine abbiano impiegato il famigerato gas CS in Val di Susa per sciupare i facinorosi, senza considerare l’estensione dell’area d’influenza dei lacrimogeni.

Non starò a fare prediche di nessun tipo, poiché quando c’è di mezzo la violenza, il più delle volte non c’ha ragione nessuno, mi limiterò a riportare qui di seguito un link del maggior sito d’informazione al mondo.

Vuoi una risposta rapida e piena di scorrettezze? Chiedio agli utenti di Yahoo answers! il primo a rispondere sarà il più votato dagli altri utenti cani di yahoo!

L’unica fortuna è che Lu.Super75 mi ha risparmiato il tempo di insultare l’iconoclasta di Bob, di persona.

Hei Bob, mai sentito parlare dell’aria? oppure dell’ossigeno? mi risulta siano gas. magari tu avessi smesso di respirarli qualche anno fa… il mondo si sarebbe risparmiato la tua nullità mentale.

http://www.youtube.com/watch?v=8MMc3f588yc

Ciao Yahoo, ti voglio bene!

Neri eppur colorati

da quando la parola “negro” ha magicamente iniziato a suggerire un idea di negatività razzista e pregiudizievole,  i lettori dell’oltrecane hanno imparato ad usarla più spesso.

non per volersi schierare dalla parte del razzismo, ma bensì nell’ideologia di martirizzarsi per conservare l’uso corretto della lingua italica.

in vita mia, avrò parlato con 3 o 4 decine d’individui, discutendo sul fatto che dire “nero”

ad un negro, denota ignoranza.

non è come scrivere “migliaia” senza “g”, è qualcosa di peggio. implica il non conoscere il significato delle parole che si usa.

il più delle volte nascono dei simposi interessanti, che spaziano dalla voce Negro di wikipedia, alle citazione delle “lettere da Ventimiglia” di Jacopo Ortis, al famoso passo della Commedia di Dante ove egli varca le porte dell’inferno, a seconda del mio grado di sobrietà.

c’è chi comprende (perché qua è fatto di comprendere una realtà, non si parla di punti di vista), c’è chi no, c’è chi ci ride su e c’è chi quanto meno, apprezza il tentativo.

la mia è comunque una guerra persa.

la lingua italiana è in evoluzione, e sta evolvendosi in direzione della salvaguardia della sensibilità di quel pubblico che si sente urtato nei sentimenti dalla parola “negro”, ritenendola politically uncorrect.

come mai questo non avviene con le bestemmie al Gesù Cristo non l’ho ancora capito.

uno a zero per i Negri.

e sì che Gesù gioca in casa.

comunque, visto che i negri sono tra noi ed è evidente che appartengono ad un aplogruppo del cromosoma Y diverso da quello R Caucasico predominante in Europa (perché dire “razza diversa”, urta i preziosi sentimenti del pubblico), dicevo… si, per distinguerli dai visi pallidi, sono nate diverse espressioni.

oggi analizzeremo l’espressione “ragazzo di colore” (valida per entrambi i sessi), dimostrandone l’incoerenza.

Dicasi “ragazzo di colore”, un ragazzo negro.

partendo da questo postulato, se lo sentissimo per la prima volta, ci rivolgeremmo la domanda: “ma di che colore?” e quindi potremmo passare parecchio tempo a valutare le principali scale di colore delle pelli umani, isolando per esempio il bianco-rosè, il marroncino-rossiccio, il giallastro e il marrone-nero.

ovviamente, se in una conversazione il nostro interlocutore parla di “ragazzo di colore”, evidentemente sta escludendo il suo colore dalla lista, rendendo l’espressione “ragazzo di colore” un espressione razzista, in quanto mi chiedo se i negri parlino di se stessi definendosi “di colore” (ricordo di un negro che per indicarme un altro negro disse: “è stato quel ragazzo afro americano”).

il punto secondo, deriva da un’analisi eseguita col mio Amico dallo Spazio e si basa sul fatto che dovremmo analizzare il termine “colore” e il suo significato.

cosa è colorato e cosa no. cosa è il colore.

ebbene il colore è dato dalla percezione dei nostri organi visivi che analizzano le onde elettromagnetiche. ogni frequenza elettromagnetica produce dei risultati ottico/mnemonici diversi, alla sua percezione. con poche esclusioni che sto ancora analizzando (ad esempio il rosa), tutte le frequenze da noi percepibili sono associate ad un colore.

esistono ovviamente moltissime altre frequenze non percepibili (appena trovo il link che cerco, lo inserisco)

che vengono comunque emesse dagli oggetti che ci circondano.

tutte queste frequenze che i nostri occhi non sono  fatti per percepire, vengono codificate dal cervello con il “colore” nero, che a questo punto appare chiaro non essere un colore, in quanto identifica esattamente la mancanza di colore.

quello che noi vediamo nero perché ad esempio emette luce a frequenze comprese tra 800 e 900 nm (quindi fuori dallo spettro visibile che si aggira tra i 400-700nm) in realtà potrebbe avere tantissimi colori per una specie aliena con organi di vista tarati su quelle frequenze.

per noi i negri, essendo neri, sono senza colore.

magari per la razza aliena citata sopra, i negri potrebbero essere gli esseri più colorati e sgargianti di tutto l’universo, ma per la nostra costruzione biologica, i negri sono molto molto poco colorati.

quindi questo è il mio appello:

se la lingua vuole evolversi che lo faccia con raziocinio.