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Archive for aprile 2012

Grafici sull’alcolismo

una bella serata quella dell’altra sera.
bevo.
sono contento.
non parlo di felicità, ma semplicemente di contentezza come stato delle cose momentaneo ed effimero.
i recettori tattili/uditivi iniziano a non funzionare più bene.
la vista e le percezioni del mondo esterno iniziano a fare le bizze.
non ho più un’idea volumetrica di ciò che mi circonda.
sono sulla bouna strada, a breve perderò anche il dono della parola. inizierò a sbiascicare e a non riuscirò più a comunicare con l’universo che si muove veloce oltre al confine del mio organismo.

sembrerà ridicolo, ma a volte non desidero altro che ridurmi così.
mi sento come immerso in una vasca d’olio, non sento niente e posso concentrarmi.
il problema è il trovare (e ancora più difficile è il mantenere) un equilibrio tra isolamento dei sensi e lucidità.
so che ogni bicchiere di brodaglia che inghiotto mi coibenterà dalla realtà di un tot e contemporaneamente mi rincoglionirà di un tot.
viste come delle funzioni matematiche (tipo curve in un grafico cartesiano), la lucidità è una simil-retta che col bere
sull’asse delle ascisse (‘x’) tende a scendere in picchiata.
la facilità nel concentrarsi, conseguente all’isolamento dal mondo, è invece una simil-retta che col bere sull’asse delle ascisse (‘x’) tende a salire verso il cielo (fino al sopraggiungere del coma etilico dove anche il bevitore va in celo, se è
fortunato).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il momento migliore per uscirsene con le genialate è in qualche modo vicino alla zona dove le due rette incidenti si incontrano.
una volta ho provato a calcolare quanto avrei dovuto bere e in quanto tempo, per raggiungere quel nirvana ispiratore, ma poi mi sono arreso… troppe variabili. troppo stocastiche. troppe casualità e causalità.

ma torniamo all’altra sera:
bevo, sono contento.
raggiungo l’intersezione delle rette e in quel secondo un idea geniale mi si pianta nel cervello come un lampo.
misuro il mio tasso alcolemico in proporzione al decremento dell’abilità nell’aprire nuove bottiglie.
mentre sono ubriaco, ne traccio la funzione su un sottobicchiere.
l’abilità manuale di aprire una bottiglia, in un soggetto sano, è esprimibile con una costante (che noi chiameremo K).
ogni uno ha il suo valore di K.
c’è chi ha alte abilità di default e chi ne ha di pessime.
man mano che bevo, la mia abilità manuale diminuisce. diminuisce seguendo la funzione F= K- 1/log5(x) dove ‘x’ è la
variabile, ovvero l’alcool che ho ingurgitato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

se i carabinieri, invece di impiegare quei cazzutissimi etilometri, utilizzassero il metodo della bottiglia, risolverebbero un mucchio di problemi.
ho visto gente con un tasso alcolemico di 0,7 trascinarsi letteralmente per terra, e altri con 0,8 stare benone.
questo perchè tutto dipende dalla K iniziale! se hai la K alta, il bere non ti rende immediatamente un incapace, mentre,
paradossalmente, se hai la K bassa di tuo, potresti non essere in grado di guidare anche senza aver bevuto.

ok, quindi…
domani andrò in prefettura e insisterò perchè su ogni volante venga installato un portavivande pieno di bottiglie.
ad ogni automobilista (o motociclista, perchennò) fermato e sospettato di essere inabile alla guida, verrà chiesto di aprire
una bottiglia di liquire e verrà cronometrato.
in base al risultato si prenderanno provvedimenti.
chessò… meno di 5 sec senza sbrodolare sull’asfalto, significa che puoi andare.
così si misura tutto, si misura la K, il tasso alcolemico, la concentrazoine di droghe nel sangie, il sonno…

l’altra sera, ad esempio, non ero in grado di aprire una bottiglia se non rompendola o commissionando il lavoro ad altri.
ad un certo punto, più in là nella riga del tempo, non ero nemmeno in grado di trovare la bocca col bicchiere.

il problema del bere, è che troppo spesso la cosa mi scappa di mano. amen

Categorie:Birra, Salute, Scienze Tag:

Struttura e funzionamento del cervello emotivo

PREFAZIONE:
l’articolo cerca di spiegare i retroscena delle emozioni, da un punto di vista principalmente scientifico e non new age.
la redazione non intende offendere le proprietà intellettuali di nessuno, ma solo fare un grosso riassunto di tutto quello che ho letto e di quello che ho capito, per favorire la divulgazione degli argomenti trattati.
sostanzialmente questo articolo è un mosaco di informazioni da wikipedia, due spettacolari articoli maltradotti dall’ inglese o da chissà quale lingua e informazioni rubate dal libro universitario di neuroscienze del tenente Jamamoto.

tutto è iniziato quando un brutto giorno mi sono trovato a dover gestire delle emozioni che mi volevano spingere ad adottare una linea di comportamento che, analizzata con la dovuta calma, ritenevo inappropirata ed errata.
insomma, come funziona ‘sta cosa? perché? e quando ho scoperto che capita ad un sacco di persone, ho deciso di raccogliere qualche dato.
fatevi i conti in tasca e vedrete che sarà successo anche a voi. è normale;
per il semplice motivo che il cervello umano funziona così. la nostra coscienza vive in una struttira che è una compresenza di emotività ed intelletto e se si vogliono fare delle analisi su noi stessi, dobbiamo prima passare attraverso un’analisi delle strutture organiche che ci ospitano.
si può scrivere un programma per computer, solo quando si conosce la piattaforma hardware sul quale il software andrà a funzionare
Non si può fare il contrario. Mi spiace.
i programmi per MAC non vanno su windows, anche se MAC e PC sono pur sempre dei calcolatori.
I giochi della PS3 non funzionano sulla Xbox360 anche se sono console di medesima generazione.
se vogliamo capire il nostro pensiero, è utile conoscere l’organicità del nostro corpo.
quindi dopo questa prefazione atta a giustificarmi, parto a testa bassa a descrivere le fondamentali sezioni del cervello, tralasciando la robaccia che non ci interessa e dividendo tutto per capitoli di modo che certi pezzi possano essere skippati senza perdere troppo il filo del discorso.

SISTEMA LIMBICO

Tradizionalmente si intende come sistema limbico un gruppo di strutture neurologiche situate tra il tronco encefalico e la corteccia cerebrale.
Il tronco encefalico è la parte più primitiva del cervello che l’uomo ha in comune con tutte le specie dotate di un sistema nervoso particolarmente sviluppato (tipo le scimmie, le suocere e alcuni calciatori di serie B).

Esso circonda l’estremità cefalica del midollo spinale. Regola funzioni vegetative fondamentali ad assicurare la
sopravvivenza e controlla reazioni e movimenti stereotipati.
secondo i modelli attuali, si ritiene che questa parte “interna” del cervello sia più primitiva e da essa derivarono i cosiddetti centri emozionali, mentre la neocorteccia (o isocorteccia) ospita tutte quelle funzioni umane più evolute, connesse ad esempio con la verbalità, l’istruzione convenzionale, i ricordi…

anziché dilungarmi e spiegare dove si trova tutta questa robaccia, allego questa immagine che mi sembra piuttosto chiara.

il sistema limbico, è costituito grosso modo da tutta quello robaccia colorata interna, con tutte quelle freccine che specificano i nomi delle varie sezioni che lo compongono

sembrerebbe che la neocorteccia (la parte esterna del cervello, piena di ciccette) si sia evoluta dopo, sfruttando come base di partenza proprio la preesistente struttura cerebrale del sistema limbico che guarda guarda, è proprio la parte del cervello incaricata della generazione delle emozioni.
Il fatto che il cervello “pensante” si sia evoluto da quello emozionale, ci dice molto sui rapporti tra pensiero e
sentimento: molto prima che esistesse un cervello razionale, esisteva già quello emozionale.
Le radici più antiche della nostra vita emotiva affondano nel senso dell’olfatto, cioè nel lobo olfattivo o rinencefalo.
Nei rettili, uccelli, anfibi e pesci questo rappresenta tutt’ora la regione suprema del cervello. Infatti l’olfatto era un senso d’importanza fondamentale ai fini della sopravvivenza.
Il centro olfattivo era costituito da un sottile strato di neuroni che recepiva lo stimolo olfattivo e lo classificava
nelle principali categorie: nemico o pasto potenziale, commestibile o indigesto, sessualmente disponibile o non disponibile
(n.d.a. gli uomini hanno perso l’uso dell’olfatto porprio perché tutte le donne dal XIX Sec ad oggi, odorano di “sessualmente non disponibile” e da allora hanno inventato un sacco di cose come la fisica dei quanti, la biologia di sintesi e l’ingenieria dei materiali al semplice scopo di distrarsi. personalmente punto sulla biologia di sintesi perché l’unica speranza che ho di accoppiarmi è quella di creare una donna partendo da delle cellule staminali e da alcuni transistor che tengo in un cassetto).

Un secondo strato di cellule inviava, attraverso il sistema nervoso, messaggi riflessi(1) per informare l’organismo sul da
farsi: fuggire, inseguire, mordere, sputare..
(1)quindi messaggi che vengono eseguiti “senza ragionare” ovvero senza che le informazioni vengano elaborate razionalmente,
ma istintivamente (come ad esempio togliere le mani dal fuoco quando ci si sta per scottare)

Dal momento che per noi gli stimoli olfattivi sono meno importanti, nel corso dell’evoluzione questo sistema ha assunto altri ruoli.
gia nei mammiferi, il lobo olfattivo è di importanza più limitata rispetto ai rettili e sempre nei mammiferi, soprattutto in quelle specie considerate più intelligenti, attorno alla parte limbica del cervello, si sviluppa la neocorteccia responsabile del pensiero evoluto.

a differenza della neocorteccia, la parte interna del cervello aggiunge al repertorio cerebrale le reazioni emotive che hanno più specificamente a che fare con le quattro funzioni della sopravvivenza ( nutrizione, lotta, fuga, riproduzione) e le emozioni che gli sono proprie: ira, rabbia, paura, piacere, desiderio ecc.

il sistema limbico non è però da analizzare come una porzione cerebrale statica e assolutamente immutabile, ma è anch’essa soggetta ad alcuni processi di apprendimento e memorizzazione, anche se in modo profondamente più lento e differente da
quanto accade per la neocorteccia. ciò è responsabile del fatto che un sacco di donne lasciano il proprio ragazzo perché a loro dire è uno stronzo, per poi trovarsene uno tale e quale.
nelle specie prive di neocorteccia, come i rettili, manca l’affetto materno: quando i piccoli escono dall’uovo, devono a volte nascondersi per non essere divorati dai loro stessi genitori.
Negli esseri umani il legame protettivo tra genitori e figli consente che gran parte della maturazione del sistema nervoso prosegua nel corso dell’infanzia. Infatti durante l’infanzia il cervello continua a svilupparsi.
Quando la massa della neocorteccia aumenta, parallelamente a tale aumento si osserva un moltiplicarsi delle
interconnessioni dei circuiti cerebrali.

quindi possiamo dire che non v’è una stretta divisione dei compiti. le emozioni grezze vengono da prima processate dalle strutture primigene del cervello, ma la neocorteccia rende possibili le finezze e la complessità della vita emozionale.

Nei primati le interconnessioni tra neocorteccia e sistema limbico sono infatti potenziate rispetto ad altre specie, e lo sono immensamente di più negli esseri umani.

senza l’influenza modulatrice della neocorteccia l’attività del sistema limbico può essere la causa di crisi anormali e incontrollabili di rabbia o di paura.
una congrua espressione e manifestazione delle emozioni richiede quindi, anche il contributo delle aree più evolute del cervello.
Il sistema limbico, globalmente serve anche a regolare certi meccanismi fondamentali che permettono la vita.
una persona in coma, pur avendo perduto temporaneamente l’uso di quelle porzioni della neocorteccia che si richiedono per rispondere al mondo esterno e per interagire con esso, continua a vivere perché il sistema limbico, insieme con il tronco encefalico, mantengono e regolano le funzioni corporee vitali (ma tutte queste cosette le sapete già, se no no sarestie finiti in questo blog).

Ora entriamo all’interno di questi meccanismi analizzando ciò che sono riuscito a comprendere finora e valutando anche alcune ipotesi che però non hanno ancora potuto beneficiare di studi e dimostrazioni scientifiche perché le ho appena inventate a fronte di ragionamenti personali che non so avvallare come vorrei, non avendo un laboratorio adeguato, una laurea in neuroscienze, i permessi governativi e un abbondantissimo numero di cavie umane da infilzare di elettrodi se non me stesso il lunedì mattina.

se non si era ancora capito, questo articolo ha lo scopo di dare coscienza al lettore di cosa accade quando è soggetto a forti stimoli emozionali, di modo da dargli la possibilità (remota) di controllare o se non altro capire che cosa sta succedendo.
per proseguire oltre, è necessario analizzare (anche se superficialmente) una per una le parti chiave del sistema limbico e delle sue interazioni con la neocorteccia.

questa è una vista frontale che magari trovata utile, magari no, ma cazzi vostri.

L’IPOTALAMO

L’ipotalamo è forse la parte più importante del sistema limbico. E’ la singola parte più complessa e stupefacente del cervello stesso, per questo è anche detta “il cervello nel cervello”.
Ha la grandezza di un pisello (no, non quello) e pesa circa 4 grammi.
Regola:
fame,
sete,
sonno,
veglia,
temperatura corporea,
equilibri chimici,
ritmo circadiano,
ormoni,
sesso (tranne che per gli scrittori della redazione),
emozioni, mantenendo l’omeostasi di tutte queste funzioni.

L’ipotalamo controlla i meccanismi omeostatici del corpo per mezzo della retroazione.
quindi grosso modo, attiva dei processi chimici per aumentare la concentrazione di ormone xxx nel sangue, poi analizza il sangue ed eventualmente corregge il tiro se la concentrazione non va bene.

L’ipotalamo è anche connesso ad alcune strutture dei nervi ottici e la parte posteriore dell’ipotalamo è coinvolta nel senso dell’olfatto.
I neuroni ipotalamici funzionano da ghiandole endocrine (quindi generano ormoni) e quando si studia endocrinologia, principalmente si studia le funzioni dell’asse gonadi-surreni-ipotalamo considerando che sono i principali organi dedicati alla secrezione ormonale.
Quelli dei nuclei sopraottici e paraventricolari sintetizzano gli ormoni rilasciati poi dalla parte posteriore dell’ipofisi : l’ADH (ormone che se è a zero, ti disidrati perché continui ad urinare) e l’OT (ossitocina, chiamato anche ormone dell’amore, che se cerchi su wikipedia in italiano dice che serve solo durante il parto/allattamento ma mi risulta si tratti di un ormone strettamente collegato con la felicità, il senso di benessere e in breve durante l’orgasmo (meglio se con un partner diverso da se stesso) viene liberata un mucchio di ossitocina ed è per quello che ci si sente bene oltre che ad essere responsabile del rafforzamento dei legami interpersonali quindi niente stronzate, il sesso rafforza i legami… sono le persone che li rovinano).

gli altri ormoni secreti dall’ipotalamo sono
il GRH, ormone liberatore per il GH o STH (ormone della crescita o somatotropina o a volte GDF-1. favorisce la crescita dei tessuti scheletrico-muscoloscheletrici e favorisce il dimagrimento)
il GIH, ormone inibitore per il GH (altrimenti, eccessi di GH producono gigantismo)
il CRH, ormone liberatore per la corticotropina
il TRH, ormone liberatore per la tireotropina
il GnRH, ormone liberatore per le gonadotropine (diciamo “ormoni sessuali” ma sono molto in voga come doping tra ciclisti e compagnia bella)
il PRH, ormone liberatore per la prolattina o PRL (fa crescere le minne)
il PIH, ormone inibitore per la prolattina.
Essi stimolano / controllano il rilascio degli ormoni dell’ipofisi anteriore, cioè l’ormone della crescita e gli ormoni che stimolano a loro volta la secrezione ormonale della tiroide, della corteccia surrenale e delle gonadi.
L’ipotalamo concorre quindi indirettamente al controllo del funzionamento di ogni cellula del corpo, governando attraverso una combinazione di messaggi elettrici e chimici il funzionamento dell’ipofisi. Funziona, quindi, come un anello di congiunzione tra il sistema nervoso e il sistema endocrino.

L’ipotalamo gestisce anche
la veglia,
l’appetito,
la vasocostrizione/vasodilatazione (anche se questa è gestita forse anche da altre strutture)
mantenimeto temperatura corporea
e siccome alcuni suoi neuroni si innervano nel tronco cerebralee nel midollo spinale si ritiene che abbia ache fare con i sistemi autonomi inferiori e superiori.

IPOFISI

produce
GH (vedi sopra)
PRL (vedi sopra)
Si pensa possa promuovere l’accrescimento corporeo stimolando indirettamente il fegato a produrre certi fattori di crescita che, a loro volta, accelerano il trasporto di aminoacidi nelle cellule, aumentandone di fatto l’anabolismo.
Controlla l’accrescimento di ossa, muscoli e altri tessuti.
Stimola il metabolismo dei grassi a discapito dei carboidrati.
Ha la funzione di avviare e mantenere la produzione del latte da parte delle mammelle per l’allattamento della prole.
TSH o ormone tireostimolante o tireotropina (gestione della tiroide, che gestisce altri ormoni)
ACTH o adenocorticotropina o ormone adrenocorticotropo (gestione corteccia e surreni, che gestiscono altri ormoni)
FSH o ormone follicolo stimolante (storie di peni, sperma uteri vagine ovulazioni e tutto quello che riguarda l’industria del film porno)
LH o ormone luteinizzante (utero e ovaie, progesterone e estrogeni; mentre nel maschio fa centra con lo sviluppo dei testicoli quindi col testosterone)l’azione dell’ipofisi è in buona parte regolata dall’ipotalamo che gli comunica cosa secernere e quando

NEUROIPOFISI

La neuroipofisi, o ipofisi posteriore, è sede di immagazzinamento e rilascio in circolo di due ormoni: l’ADH e l’OT, che però non vengono sintetizzati dalle cellule della neuroipofisi, ma da altri neuroni dell’ipotalamo.
Dal nucleo di questi neuroni ipotalamici gli ormoni decorrono lungo gli assoni ( tratto ipotalamo-neuroipofisario) e raggiungono i vasi della neuroipofisi.
Il rilascio nel sangue di ADH e di OT è controllato da stimoli nervosi e non da ormoni liberatori, che fanno invece scattare l’attività secretoria dell’adenoipofisi.

PREMESSA ALLA QUALE NON SO DARE UN TITOLO

Prima di esaminare le altre parti del sistema limbico, è utile fare una premessa.
Da millenni i filosofi prima e gli psicologi poi, hanno separato pensiero e sentimento, cognizione ed emozione.
E’ importante comprendere che nei processi cognitivi vi è una parte consapevole e una parte inconsapevole: infatti noi siamo coscienti del risultato finale di un processo ( ad esempio ricordare dove siamo stati ieri mattina oppure riconoscere che l’oggetto che stiamo guardando è una bottiglia), ma non siamo affatto consapevoli dei meccanismi attraverso i quali il nostro cervello è riuscito a tirare fuori queste informazioni.
E’ inutile pensare che non è vero.
fidatevi, ad essi non abbiamo accesso diretto.
E’ possibile però studiare questi meccanismi. Gli scienziati possono cioè ricostruire in che modo il cervello elabora a livello inconscio l’informazione quando per esempio percepisce degli stimoli visivi. in linea teorica, credo si possono percorrere tutte le tappe di questa elaborazione, isolare e monitorare i percorsi elettrochimici che vengono scatenati da un evento semplice (ad esempio il fatto di vedere una mela e riconoscere che si tratti di una mela)
in modo simile, si può analizzare come il cervello elabora i processi emotivi elementari e quale uso ne fa.
Come dire che i processi sottostanti alla cognizione e alla emozione si possono studiare con gli stessi strumenti concettuali e sperimentali, ricordando che entrambi implicano una elaborazione inconscia dell’informazione e, sulla base di questa, la generazione, ma non sempre, di un contenuto cosciente.
è inutile dire che questa analisi non è interamente fattibile nella realtà, perché il governo non ha il permesso di infilare centinaia di elettrodi nel cervello umano, e anche se lo si potesse fare, bisognerebbe essere in grado di conoscere perfettamente la rete neurale del soggetto di analisi, considerando che ovviamente ci devono essere delle differenze tra le strutture cerebrali dei vari individui (differenze che non siamo ancora riusciti a quantificare e rappresentare sufficientemente bene)
quello che ad una analisi strutturale del cerrvello sembra chiaro è che la mente ha sia pensieri che emozioni e studiare i primi senza le seconde è lasciare le cose a metà.
A questo scopo oggi si parla quindi di “scienza della mente”, comprendendo appunto tutti e due questi aspetti.
Mi preme sottolineare che il lavoro che segue origina da questo tipo di presupposti.

Il mondo delle emozioni: alcuni concetti di base per familiarizzare con esso
La maggior parte dei teorici delle emozioni ritengono che esistono delle emozioni fondamentali elementari che condividiamo con parte del mondo animale ( paura, gioia, ira, sorpresa, disgusto, vergogna, angoscia, felicità, interesse), ed emozioni non fondamentali, che sarebbero un misto di quelle elementari.

Ad esempio: tristezza + paura = risentimento
paura + sorpresa = allarme
gioia + accettazione = amore
(non sono bravo in questo tipo di cose…)

La fusione di emozioni fondamentali in emozioni di ordine superiore è solitamente ritenuta una funzione cognitiva, e quindi esse tendono ad essere esclusivamente umane.
Le espressioni facciali di determinate emozioni si assomigliano in persone diverse perché ognuna di esse contrae e rilassa i muscoli facciali più o meno nello stesso modo quando viene esposta ad uno stimolo che evoca un’emozione tipica. Lo stesso avviene in specie diverse.
Le espressioni facciali universali possono tuttavia essere regolate dall’apprendimento e dalla cultura, cioè cancellate, attutite o amplificate e perfino mascherate da altre emozioni.
Tutto ciò che concerne convenzioni, norme e abitudini che le persone sviluppano per gestire le espressioni delle emozioni, va sotto il nome di “regole dell’esibizione”.
Queste regole specificano chi può mostrare quale emozione a chi, quando e in che misura.

La differenza fondamentale tra cognizione ed emozione sta nel fatto che nel caso delle emozioni il cervello non funziona indipendentemente dal corpo.
Infatti la maggior parte delle nostre emozioni implica delle risposte fisiche (ed è proprio quì che volevo arrivare dall’inizio dell’articolo).
Sono quindi le risposte fisiche a rendere le emozioni diverse dagli altri stati mentali, non emotivi.
E’ difficile immaginare rabbia, paura, eccitazione in assenza della loro espressione fisica. sarebbe come immaginare il sesso senza l’erezione…
Anzi ogni emozione ha una sua qualità inconfondibile: provare paura è diverso da provare rabbia o amore, infatti quando sei spaventato, non hai erezioni (o sei una donna).

Chiamiamo sentimento l’esperienza cosciente di una emozione, o il suo aspetto mentale.
La capacità di provare sentimenti è direttamente legata alla capacità di avere una coscienza di sé e della relazione tra il sé e il resto del mondo.
Quindi i sentimenti si producono unicamente quando un sistema di sopravvivenza è presente in un cervello che ha anche la capacità di essere cosciente.
credo che le cose siano così strettamente legate dal poter dire che una qualunque forma di vita sintetica cosciente di se stessa, svilupperà emozioni in maniera molto simile a quello che hanno fatto gli umani o gli animali, in base alla potenza del suo Hardware.
Le emozioni sono difficili da verbalizzare: operano in uno spazio psichico e neurale dove la coscienza fatica ad accedere proprio per il fatto che le emozioni non sono gestite dalla neocorteccia, sede della coscienza.
certe funzioni dell’elaborazione emotiva sono rimaste tali e quali nel cervello umano rispetto a quello animale e possiamo quindi usare gli studi sugli animali per scoprire come funzionano le nostre, anche se ciò non servirà a conoscere proprio tutto delle nostre emozioni… insomma… davvero non si può infilare una marea di elettrodi in qualche cranio umano? insomma, parliamone…

Tra i massimi obiettivi delle neuroscienze c’è quello di riuscire a localizzare il più precisamente possibile le varie funzioni del cervello: sapere dove si trovano è il primo passo per capire come operano.
Ogni funzione mentale richiede la cooperazione di molte aree, o meglio ogni funzione richiede l’intervento di un insieme unico di aree collegate, un sistema proprio.
Se un sistema ci permette di vedere, non ci permette anche di udire, di camminare o di sentire dolore.
la difficoltà nella localizzazione giace nel fatto che ogni funzione è mediata da sistemi interconnessi, da regioni cerebrali che lavorano di concerto, non da aree singole che lavorano da sole.
Il “cervello emotivo” è un esempio di ciò e solo tenendo presente questo presupposto possiamo capirne i meccanismi.
Alcuni studiosi hanno affrontato il problema del rapporto tra memoria ed emozione.
Gran parte di questi studi hanno riguardato lo studio di una specifica emozione: la paura.
Per “memoria emotiva” si intende la memoria basata sull’emozione creata da una paura.
Gran parte delle attuali conoscenze su come il cervello colleghi memoria ed emozione, è stata ricavata dagli studi sul cosiddetto “condizionamento classico alla paura”.
In questi studi sono stati utilizzati ratti e primati.
Ad esempio un ratto viene fatto soggiornare in una scatola di legno con il pavimento formato da una rete metallica. Il condizionamento viene effettuato facendo udire uno stimolo sonoro accoppiato ad una debole scarica elettrica alle gambe del ratto attraverso la rete metallica.
Il ratto associa rapidamente la situazione di pericolo al suono e manifesta una reazione che è una risposta condizionata, consistente in alterazioni comportamentali e fisiologiche: l’animale si immobilizza, sobbalza facilmente, aumentano la sua pressione sanguigna e la sua frequenza cardiaca.
La reazione di paura, una volta stabilita, diventa uno stato relativamente permanente (la memoria emotiva appunto).
Se poi il ratto viene sottoposto a ripetute stimolazioni sonore non accompagnate da scarica elettrica, la sua reazione di paura diminuisce e questo cambiamento viene definito con il termine di “estinzione”. Ma l’estinzione è solo una estinzione apparente della reazione di paura.
Infatti essa è dovuta ad un controllo della reazione di paura esercitata dal cervello e non all’eliminazione della memoria emotiva.
Questi termini e questi concetti sono indispensabili per comprendere come funzionano certi meccanismi di cui si parlerà più avanti.

AMIGDALA E IPPOCAMPO

Abbiamo visto che l’ipotalamo può essere considerato l’interfaccia tra la neocorteccia, psicologicamente sofisticata e le aree inferiori, più primitive.
I sistemi sensoriali che raccolgono dal mondo esterno le informazioni, le mandano a regioni specializzate della corteccia cerebrale (ad esempio dagli occhi alla corteccia visiva, dalle orecchie alla corteccia uditiva). Ma nel viaggiare verso queste aree i messaggi sensoriali sostano nelle aree subcorticali e fanno delle tappe nel talamo.
Come le aree corticali corrispondenti, quelle talamiche sono anch’esse specializzate per l’elaborazione sensoriale: il talamo visivo riceve segnali visivi dai recettori degli occhi e li trasmette alla corteccia visiva, mentre il talamo uditivo riceve segnali acustici dai recettori delle orecchie e li trasmette alla corteccia uditiva.
Quindi i messaggi sensoriali sono trasmessi dai recettori esterni ( occhi, orecchie, pelle) alle aree specializzate del talamo che fanno una prima elaborazione dei segnali e inviano i risultati alle aree specializzate del cervello.
I corpi mammillari dell’ipotalamo sono il luogo che riceve i segnali sensoriali talamici in entrata e poi inoltra i messaggi verso la corteccia.
L’AMIGDALA è la parte del sistema limbico specializzata nelle questioni emozionali: se viene asportata il risultato è una evidentissima incapacità di valutare il significato emozionale degli eventi.
Essa funziona come un archivio della memoria emozionale ed è quindi depositaria del significato stesso degli eventi.
La vita senza amigdala è un’esistenza spogliata di significato personale.
Tutte le passioni dipendono dall’amigdala.
I segnali in entrata provenienti dagli organi di senso consentono all’amigdala di analizzare ogni esperienza, facendone una sorta di “sentinella psicologica” che scandaglia ogni emozione e ogni percezione guidata da domande che hanno radici nella notte dei tempi: “ E’ qualcosa che temo, qualcosa che odio, qualcosa che mi ferisce?”
Se la risposta è affermativa, l’amigdala reagisce immediatamente inviando un messaggio di allerta a tutte le parti del cervello.
Stimola così la secrezione degli ormoni che innescano la reazione di combattimento o fuga, mobilita i centri del movimento e attiva il sistema vascolare, i muscoli e l’intestino.
tutto questo, prima che alla neocorteccia arrivino i segnali che la avvertono di cosa stia succendendo.
I sistemi mnemonici corticali vengono riorganizzati con precedenza assoluta per richiamare ogni informazione utile nella situazione di emergenza contingente.
L’estesa rete di connessioni neurali dell’amigdala, le consente, durante un’emergenza emozionale, di “SEQUESTRARE” gran parte del resto del cervello, compresa la mente razionale e di imporle i propri comandi.
e questo non è uno scherzo. se l’amigdala vuole, prende il sopravento, e se questo puo andare bene in situazioni dove la fuga può significare sopravvivenza, va meno bene in situazioni più tecniche (come il combattimento) e va ancora meno bene in condizioni legate con gli approcci sessuali.
se cercassi di fare sesso con la metà delle persone suggeritemi dall’amigdala da quando ho 16 anni, probabilmente avrei decine e decine di figli da decine e decine di donne che personalmente trovo ributtanti dal punto di vosta della complessità e ricchezza psicologica o emozionale.
motivo in più per considerare che forse è meglio che certi aspetti della vita vadano controllati più seriamente e aprocciati con regioni cerebrali maggiormente evolute.

Esiste un collegamento diretto anche tra il talamo e l’amigdala, che fa in modo che uno stimolo condizionato di paura possa suscitare delle risposte di paura senza l’intervento della corteccia.
In particolare il NUCLEO CENTRALE dell’amigdala ha delle connessioni con le aree del midollo allungato implicate nel controllo della frequenza cardiaca e di altre risposte del sistema nervoso autonomo.
Le lesioni a questo nucleo centrale bloccano l’espressione di tutte le risposte neurovegetative, mentre la lesione dei singoli percorsi neurali in uscita bloccano soltanto le singole risposte.
Compreso il nucleo centrale, l’amigdala è formata da una dozzina di sottoregioni non tutte coinvolte nel condizionamento alla paura.
Possono quindi interferire con quest’ultimo soltanto le lesioni che danneggiano le regioni dell’amigdala che fanno parte del circuito del condizionamento alla paura.
A questo proposito il NUCLEO LATERALE e il NUCLEO CENTRALE hanno senza dubbio un ruolo essenziale, mentre il ruolo delle altre regioni è ancora allo studio.
(Si ipotizza che la zona mediale dell’amigdala sia responsabile delle sensazioni spiacevoli, mentre la zona laterale sarebbe più coinvolta nelle sensazioni piacevoli).

L’APPRENDIMENTO EMOTIVO ( per il collegamento diretto talamo-amigdala) può quindi avvenire senza coinvolgere i sistemi di elaborazione superiori del cervello.
Ma esistono anche i collegamenti tra il talamo e la corteccia.
Che differenza c’è tra i collegamenti talamo-amigdala e talamo-corteccia?
I neuroni dell’area del talamo che inviano per esempio delle proiezioni nella corteccia uditiva primaria, hanno una sintonia molto fine: non reagiscono a qualunque stimolo, ma solo a certi. Invece le cellule delle aree talamiche che inviano delle proiezioni all’amigdala, reagiscono a una gamma molto più vasta di stimoli e forniscono all’amigdala solo una rappresentazione rozza dello stimolo stesso.
Il percorso diretto talamo-amigdala è un percorso di elaborazione veloce, ma impreciso, che consente però di rispondere a stimoli potenzialmente pericolosi, prima di sapere esattamente che cosa siano.

Possiamo quindi osservare che nella percezione degli stimoli esistono due strade:
una “ STRADA ALTA” e una “ STRADA BASSA”.
La strada bassa è quella tramite la quale l’informazione sugli stimoli esterni (occhi, tatto odito…) raggiunge l’amigdala
da percorsi diretti provenienti dal talamo, e la strada alta è formata da percorsi che vanno dal talamo alla corteccia e dalla corteccia all’amigdala.
La strada bassa diretta e molto utile nelle situazioni pericolose.
E’ probabile che questo percorso diretto sia responsabile delle risposte emotive che non capiamo (e ovviamente non le capiamo proprio per il fatto che la neocorteccia non viene interessata).
Cioè l’amigdala può reagire con un delirio di collera o di paura, prima che la corteccia sappia che cosa stia accadendo e questo proprio perché l’emozione grezza viene scatenata in modo indipendente dal pensiero razionale e prima di esso.
La strada bassa potrebbe anche essere il modo di funzionamento dominante negli individui che soffrono di certe turbe emotive, mentre in ognuno di noi questa modalità si produce solo occasionalmente.
Il percorso diretto talamo-amigdala ha un vantaggio importante: nel ratto occorrono circa 12 millesimi di secondo perché uno stimolo acustico raggiunga l’amigdala attraverso di esso, mentre impiega due volte di più attraverso il percorso corticale.
Infatti il percorso proveniente dal talamo richiede un unico collegamento, mentre ce ne vogliono parecchi per attivare l’amigdala attraverso la corteccia, e ogni collegamento in più richiede tempo:
il primo percorso, quindi, anche se non ci dice che cosa ci sta minacciando, avverte velocemente che c’è una minaccia.
Dal punto di vista della sopravvivenza è meglio reagire a delle circostanze potenzialmente pericolose come se lo fossero davvero, che non reagire affatto.
Dalla corteccia arrivano invece all’amigdala delle rappresentazioni più accurate e dettagliate.
se come si è soliti fare nella letteratura delle neuriscienze, ci limitassimo ad analizzare la milgiorata reazione al pericolo, l’amigdala sarebbe perfetta. quello che spesso si ignora è però la sua massiva intrusione in molti altri aspetti emotivi della vita, come quelli legati alla riproduzione o al rapporto di coppia, memoria spaziale e ricordare i contesti (i contesti ambientali ricordano all’amigdala cosa è successo nello stesso contesto, quando ci si passa in un tempo diverso, e lei reagisce in maniera “storica”, ad esempio ci farà sentire nostalgici quando passiamo vicino alla nostra vecchia scuola o roba simile)
L’amigdala, non appena capta una situazione emotiva negativa, di pericolo, “accende” una serie di sistemi fisici compreso il sistema nervoso autonomo. Questo, a sua volta, stimola da parte delle ghiandole surrenali il rilascio dell’adrenalina nel sangue.
L’adrenalina influenza a sua volta il cervello, ma per via indiretta, in quanto è una molecola troppo grande per passare la barriera emato-encefalica ed arrivare direttamente nel cervello.
Ancora non conosciamo bene il meccanismo con il quale influenza il funzionamento del sistema di memoria del lobo temporale, influenzando così i ricordi che esso crea.
Gli effetti sistemici dell’adrenalina comprendono la diminuzione della circolazione sanguigna nel tratto digerente, l’aumento dell’irrorazione dei muscoli scheletrici, per preparare ogni cellula muscolare a produrre più energia e la diminuzione del rifornimento di sangue alla parte anteriore della corteccia cerebrale (proprio l’area che contiene il nostro intelletto, la nostra capacità di pensiero cosciente, l’area destinata a dirigere la soluzione dei nostri problemi complessi).
Vengono quindi “chiuse” aree, per così dire, non essenziali del cervello.
Più siamo stressati, più queste aree vengono chiuse. Questo permette ai centri più antichi e più primitivi del cervello di prendere il controllo.
In questo modo le decisioni vengono prese inconsciamente, basandosi sull’istinto, in quanto la sopravvivenza fisica nelle situazioni di forte stress, diventa l’obiettivo primario.

Le funzioni di apprendimento e memoria dell’amigdala sono tarate in modo da evitare di farci riflettere sul da farsi.

La corteccia prefrontale soffoca o comunque controlla l’emozione in modo da gestire più efficacemente la situazione.
Essa consente quindi di dare ai nostri impulsi emotivi una risposta più analitica ed appropriata, modulando l’amigdala e le altre aree libiche.
Come nel caso della resezione dell’amigdala, anche in assenza dell’elaborazione dei lobi prefrontali, gran parte della vita emotiva viene meno.
Invece i cosiddetti SEQUESTRI NEURALI che avvengono nelle situazioni di pericolo e di emergenza comportano presumibilmente due dinamiche: da un lato lo scatenamento dell’amigdala, dall’altra la mancata attivazione dei processi neocorticali che solitamente mantengono l’equilibrio delle risposte emozionali.
In questi momenti la mente razionale viene sopraffatta da quella emozionale.
Fra i modi con i quali la corteccia prefrontale riesce a dominare efficacemente le emozioni (soppesando le reazioni prima di passare all’azione), c’è quella di smorzare i segnali di attivazione inviati dall’amigdala e da altri centri limbici.
Un meccanismo che possiamo paragonare a un genitore che fermi il proprio bambino impulsivo impedendogli di afferrare ciò che vuole e insegnandogli a chiedere educatamente o ad aspettare.
Sembra che l’interruttore fondamentale che “spegne” le emozioni negative sia il lobo prefrontale sinistro.
Il lobo prefrontale destro è sede di sentimenti negativi come la paura e l’aggressività, mentre quello sinistro tiene sotto controllo tali emozioni grossolane, probabilmente inibendo il lobo destro.
Il lobo prefrontale sinistro sembra far parte di un circuito neurale in grado di disattivare o almeno di smorzare, tutti gli impulsi emotivi negativi, con la sola eccezione dei più violenti.

I sentimenti sono indispensabili nei processi di decisione della mente razionale : essi ci orientano nella giusta direzione.
Gli insegnamenti emozionali impartitici dalla vita inviano segnali che restringono il campo della decisione, eliminando alcune opzioni e mettendone in evidenza altre fin dall’inizio.
In questo modo il cervello emozionale è coinvolto nel ragionamento, proprio come il cervello pensante.

Nelle persone con lesioni del circuito che collega i lobi prefrontali all’amigdala, la capacità di prendere decisioni è spaventosamente compromessa e tuttavia essi non presentano alcun deterioramento del loro quoziente di intelligenza o di qualunque abilità cognitiva.
Ma nonostante la loro intelligenza sia intatta, essi compiono scelte disastrose negli affari e nella vita privata. Possono poi non essere in grado di prendere una decisione semplicissima come quella di fissare un appuntamento.
Le scelte di queste persone sono così problematiche perché essi hanno perso la possibilità di accedere alla propria memoria emozionale.
Il circuito che collega lobi prefrontali e amigdala è una via di accesso fondamentale all’archivio contenente tutte quelle preferenze e quelle avversioni che andiamo accumulando nel corso della vita.
Uno stimolo esterno non suscita in queste persone attrazione o avversione: essi hanno “dimenticato”
tutti gli insegnamenti emozionali precedentemente appresi, perché non hanno più accesso all’amigdala, il luogo dove li hanno archiviati.
Tutto assume i toni di una grigia neutralità.
Attualmente nel nostro cervello le connessioni che vanno dalle aree corticali all’amigdala sono molto più deboli di quelle che fanno il percorso inverso.
Questo fatto spiegherebbe come mai l’informazione emotiva sconfini facilmente e influenzi il pensiero cosciente, e quest’ultimo invece fatichi a controllare le emozioni.
L’AMIGDALA INVIA DELLE PROIEZIONI VERSO MOLTE AREE CEREBRALI. QUESTE PROIEZIONI SONO PIÙ NUMEROSE DI QUELLE CHE FANNO IL PERCORSO INVERSO.
L’amigdala, infatti, riceve dei segnali solo dall’ultima tappa dell’elaborazione corticale all’interno dei sistemi sensoriali, ma invia invece sue proiezioni ad ognuna di queste tappe, fin dalla prima.
Poi ha connessioni con la memoria a lungo termine (ippocampo e aree corticali che interagiscono con l’ippocampo per immagazzinare in maniera durevole le informazioni).
Ha solo deboli connessioni con la corteccia prefrontale laterale, ma ne ha di più consistenti con la corteccia anteriore cingolata e con la corteccia orbitale, facenti parte tutte e tre, del circuito della memoria di lavoro.

Per completare il quadro dei meccanismi che interagiscono nel nostro “cervello emotivo”, bisognerebbe fare un breve accenno ai sistemi di neurotrasmettitori che, in tutti i mammiferi, regolano lo stato emozionale, ovvero quelli della noradrenalina, della serotonina e della dopamina.

probabilmente la parte seguente sarà un po noiosa a meno che non siate narcotrafficanti dell’amore.

La NORADRENALINA (link)

regola le risposte comportamentali (capacità di pensiero, tono dell’umore) ed umorali (secrezione di ormoni) verso stimoli ambientali potenzialmente pericolosi.

Interessa la corteccia cerebrale, l’amigdala, l’ippocampo, il cervelletto, il talamo, l’ipotalamo, i nuclei nel bulbo e nella parte ventro-laterale del ponte.
La disfunzione dei meccanismi di regolazione dell’attività noradrenergica, potrebbe essere alla base dell’insorgenza di alcuni sintomi di depressione.

La SEROTONINA (link)

regola il tono dell’umore, alcune funzioni cognitive, il comportamento motorio, alimentare e alcune funzioni neuroendocrine.
Interessa alcuni nuclei a vari livelli del tronco encefalico, l’area mediale del ponte e del mesencefalo che inviano fibre alla corteccia cerebrale, all’ippocampo, all’ipotalamo, al bulbo olfattivo e alla maggior parte della corteccia prefrontale.
A livello dell’ipotalamo esercita una funzione stimolatoria sul rilascio di prolattina, ormone della crescita e ormone adrenocorticotropo.
La disfunzione dell’attività serotononinergica potrebbe essere responsabile dell’insonnia, delle alterazioni neuroendocrine e dell’ansia nelle persone depresse.

La DOPAMINA (link)

è responsabile del controllo dei comportamenti motivati e della modulazione degli stati affettivi.
Interessa i neuroni del mesencefalo e del diencefalo che mandano proiezioni alla corteccia prefrontale mediale, al giro del cingolo e dell’area entorinale, all’ipotalamo e all’ipofisi.
Una diminuzione della funzionalità dei sistemi dopaminergici attutisce o abolisce completamente la capacità di apprezzare gli eventi gratificanti e le esperienze piacevoli, mentre livelli abnormi di dopamina sono associati alla sintomatologia della schizofrenia.

CONSAPEVOLEZZA DELLE EMOZIONI
Ritorniamo al mondo delle emozioni per puntualizzarne altri aspetti.
Abbiamo visto che esistono due livelli di emozione: quello conscio e quello inconscio.
Da un punto di vista fisiologico un’emozione sorge prima che l’individuo ne sia conscio.
Nel momento in cui un’emozione si fa strada nella consapevolezza, vuol dire che è stata registrata come tale nella corteccia prefrontale.
La struttura delle connessioni cerebrali comporta che non possiamo assolutamente controllare in quale momento verremo travolti dalle emozioni, né quale emozione ci travolgerà. possiamo però scegliere cosa pensare, anche se con tutta probabilità lo faremo in ritardo.

Le persone molto sicure dei propri sentimenti, riescono a gestire molto meglio la propria vita.
Esse infatti hanno una percezione più sicura di ciò che realmente provano riguardo a decisioni personali che possono spaziare dalla scelta del proprio partner alle attività professionale da intraprendere.
La capacità di monitorare istante per istante i sentimenti è fondamentale per la comprensione psicologica di sé stessi, mentre l’incapacità di farlo ci lascia alla loro mercè.
La cosa interessante e’ che le eventuali carenze nelle capacità emozionali possono essere corrette (qualcuno suggerisce il libro di Daniel Goleman “Intelligenza emotiva” mentre per fare il contrario, ovvero per killare la propria emotività non ho ancora trovato letteratura realmente utile se non studiare 7 anni ingegneria e farsi scaricare ripetutamente dalla propria ragazza che cerca di non dirti che in realtà si è innamorato di quello sozzone perditempo bestemmiatore che picchia i bambini e che vive in un frigo fuori casa nei sobborghi di NY, che però è un artista).
L’autoconsapevolezza richiede l’attivazione della neocorteccia e di aree particolari di essa, come quella del linguaggio, che consentono di dare un nome alle emozioni che si sono risvegliate.

In termini di meccanismi neurali questo sottile spostamento dell’attività mentale segnala che i circuiti neocorticali stanno monitorando attivamente l’emozione, compiendo così un primo passo nell’acquisizione di un controllo su di essa.
Questa consapevolezza è la competenza emozionale fondamentale su cui si basa poi l’autocontrollo.
è impossibile trovare persone che abbiano un vero dominio sulle proprie emozioni (a meno che non gli sia stata asportata parte dell’amigdala).
Senza dubbio ci sono persone che si “dominano”, ma non è questo il vero dominio.
Questa è repressione delle proprie emozioni, è comportarsi secondo un modello esteriore che imponiamo a noi stessi con la forza di volontà perché non siamo in collegamento con la voce che scaturisce dalla nostra interiorità.
Avere dominio su sé stessi è diverso: è qualcosa che viene da dentro, è l’espressione di quello che noi siamo in modo consapevole.
Dominio deriva infatti da “dominus” (padrone, signore) e nessuno può veramente essere padrone di sé stesso some Sauron è Signore degli anelli. Sorry.

forse l’obiettivo deve essere quello di fare in modo che le emozioni siano appropriate, cioè proporzionate alle circostanze; e capire che tanti stati emozionali che viviamo, sono strettamente connessi con le memorie e le reattività del sistema limbico e che lasciarlo fare, significa molto spesso sovradimensionare.

Anch’io ho scelto VALSOIA!

Non credo negli argomenti dei quali non si può parlare. D’altro canto questo è un paese libero no? e questo blog è libero… finchè non mi beccano.
Questa in sé vuole essere una premessa per agevolare quelli che eventualmente non hanno ancora capito lo spirito deviato della redazione, tralasciando le prefazioni fatte di frociaggine e scuse sentite, cercando di deviare i presi male o gli individui sensibili a sorvolare dalla lettura di quanto segue.

Voglio esprimermi in merito all’evoluzione dell’uomo. Un processo che ha richiesto millenni di duro, durissimo lavoro.
Non parlo di evoluzione della forma biologica (alla quale credo tanto quanto si possa credere a Vanna Marchi), ma di un evoluzione sociale sul piano della collettività dell’essere umano in rapporto alle altre creature che popolano la terra.

In questo processo molti, forse troppi, sono morti o hanno pagato col sangue nel simbolismo dell’ultimo definitivo gesto di sacrificio per portare la specie umana in cima alla piramide alimentare.
E a volerci vedere bene, chi l’avrebbe mai detto? chi avrebbe dato una possibilità di successo in questa epica impresa evoluzionistica a dei bipedi di 70-80kg?
Privi di armi naturali, privi di esoscheletro/endoscheletro robusto, dotati di una delle peggiori configurazioni muscoloscheletriche che la natura preveda, siamo arrivati in cima alla piramide dopo un percorso lunghissimo, fatto di sofferenze e cosparso di sangue.
Il nostro posto di “predatori assoluti” ce lo siamo guadagnati con l’arma più improbabile, col pollice opponibile e col “trucco” di servirsi di strumenti per il potenziamento d’azione.
Per tutti gli esseri viventi, le caratteristiche per primeggiare sono sempre state la dimensione, la forza, l’aggressività, l’astuzia la velocità e la capacità di adattamento; per noi è stato il quoziente di’ingegno e la possibilità di trasmettere le nostre scoperte alle generazioni più giovani.
ma ci pensi? il cacciatore definitivo non è il t-rex ma è l’uomo! che emozione… è stato difficile, ma alla fine eccoci qua.

Eppure, qualcuno ultimamente ha pensato di farsi beffe del glorioso passato e del tortuoso percorso di elevazione umana diventando vegetariano.
Probabilmente questi si pensano migliori, o caso mai responsabili nei confronti delle specie che abbiamo sottomesso con la violenza.

Questo, a mio avviso è frutto di un errore nella migrazione dei dati dalle generazioni precedenti a quelle odierne.
in questo i vegetariani non hanno colpe.
qualunque uomo cavernicolo armato di lancia saprebbe che se il suo gattino domestico pesasse 300kg, non esiterebbe un attimo a strappargli la faccia con un’unghiata, solo per capriccio o per gioco.
lo fanno anche le orche con le piccole foche, no?
Se questo passaggio di correlazione forza-dominio è sempre stato evidente agli uomini del passato, il suo significato è diventato evanescente al presente, e dal momento che i più non cacciano personalmente il loro cibo, il passaggio della simbolica staffetta rappresentante la conquista umana, è carico di chi attualmente detiene queste attività.

Mangiare carne è come tenere accesa la fiaccola delle olimpiadi.
E’ l’unico simbolo collettivo che ci ricorda quello che siamo stati in grado di fare, armati solo della più fine arguzia.

Ora le cose sono cambiate e dilaga la tendenza di prendere a calci millenni di tradizione e sacrificio dei nostri genitori, per ignoranza nei confronti del ricordo dei loro sforzi. E’ come se in America tornasse la schiavitù dopo le guerre tra nordisti e sudisti.
Il punto è sempre l’arroganza dell’uomo occidentale.
Oltre ad aver soggiogato e dominato la natura, è convinto di poter plagiare la “natura innata della natura” in un’inverosimile irrazionale convinzione e reinvenzione della bestialità animale dove nessuno mangia nessuno e tutti si vogliono bene, magari proiettando nelle nere notti della savana africana, i Teletubbies sulla faccia visibile della luna.

se gli psicologi polacchi hanno ragione, in breve avremo solo leoni ghei. Platinette con la criniera.

Ecco il nocciolo della questione, la mia personalissima condanna allo stucchevole spirito ‘buono’ collettivo:
“E ai vegetali chi ci pensa?” soffrono anche loro, sapete?

Da oggi propongo di ribilanciare le sofferenze globali del pianeta fondando il movimento antivegetariano, che ha come fondamento ha l’amore nei confronti dei vegetali, costringendo i suoi adepti a nutrirsi solo di animali.
Anche perché a volerci vedere chiaro, Gli unici che non fanno soffrire nessuno sono gli alberi che traggono energia dal sole e dalla terra. Vi sembra giusto che noi, per non fare del male ad esseri viventi, ci si debba accanire esattamente con chi non fa male a nessuno?
Siamo i bulli della natura, ce la prendiamo con i più deboli.

Quando le sofferenze saranno bilanciate, diventeremo tutti necrofagi nutrendoci di carogne di animali morti per cause naturali e vegetali rinsecchiti, rifiutandoci di capire che le sofferenze della flora e della fauna non sono state cancellate dal planet Earth ma le stiamo solo delegando a fattori esterni da noi umani, come malattie e batteri, rendendole di fatto sofferenze peggiori.

ma occhio non vede, cuore non duole vero?

cosa fagocitare, cosa no

turbo vegetariani altresì vegani.
c’è stato un periodo in cui mi sono imbattuto in diversi di questi esemplari umani. ora non li vedo più. saranno morti, saranno… però mi rammarico, era gente simpatica dico sul serio.
comunque ho passato mesi a questionarli e ad archiviare le risposte pervenutemi e ora ne espleto i risultati sperando che a qualcuno vengano utili.

quello che ho capito è che di turbovegetariani cen’è di tantissime specie e non mangiano carne.
cioé, non mangiano gli esseri viventi.
gli animali.
le cose che avevano una faccia.
e no, aspetta Cantastorie, abbiamo buttato troppa carne sul fuoco (hahaha!! l’ho capita solo dopo averla scritta, giuro).
“non mangiano cose con una faccia”, quindi le chiese non si mangiano. e sì, hanno una faccia. come allora non mangiano i conigli di cioccolato e la gran parte dei poligoni.
…mmm… no, questa definizione non calza, i vegetariani mangiano i conigli di cioccolato.
e comunque gli ovo-lacto-vegetariani non mangiano nemmeno i “prodotti degli esseri viventi senzienti non vegetali” quindi niente latte, niente uova, niente CO2.
e niente birra.
poiché la birra è piena zeppa di esseri viventi senzienti. oltre tutto la birra stessa è un laborioso prodotto degli esseri viventi, primariamente parlo dei lieviti. quindi insomma, niente birra.
e il pane?
insomma, anche il pane è un meticoloso prodotto dei lieviti.

chi studia chimica organica sa bene che quasi tutto in realtà è prodotto degli esseri viventi, anche le cose più inimmaginabili. dal TGCom ecco la rivelazione: i turbovegetariani mangiano i meteoriti.

e comunque il discorso è complesso da trattare perché esistono numerosissime scuole di pensiero, delle quali, francamente non capisco il comune odio nei confronti dei vegetali, che ne goustifichi lo sterminio.
tutto questa mia necessità di districarsi tra grovigli morali e sociali, nasce da quando mi sono ricordato che parlando con un ragazzo vegano, esso mi disse che nell’indottrinamento della sua ragazza nelle sacre vie del veganesimo, si era imbattuto in un terrificante vicolo cieco baudleriano.
la sua donna, in qualità di vegana smise di praticare l’ingoio. “ora sono vegana e quelle lì, sono proteine animali”.
proteine animali.
una punizione terribile.

io comunque mi astengo.
mangio prevalentemente erbivori perché nuociono ai vegetali che non hanno occhietti dolci coi quali impietosire i loro carnefici.
seguo una dieta rigorosa.

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