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Archive for aprile 2013

l’amore

finché l’amore come l’odio non diventerà scientifico, esso rimarrà un sentimento; un emozione. e come tale le sue reazioni e i suoi stati e risultati saranno sempre sfuggenti e imprevedibili.
quindi inaffidabili.
quando si capiscono e si scrivono i processi di una reazione tra elementi, essa stessa diventa fruibile e preziosa, anche se fondamentalmente la reazione non cambia al lato pratico,

muta solo il modo in cui essa può essere usata.

gettare sodio in una vaschetta d’acqua avrebbe creato lo stesso risultato anche 2000 anni fa.

per imparare ad usare, bisogna spiegare scientificamente.
creare un modello sul quale fare i calcoli.
sembra che valga per tutto.
anche per le emozioni.

l’errore è nell’approccio umano allo studio dell’umanità.
questo strano anello in cui l’uomo studia se stesso… ha un bug.
è come studiare un auto essendo legati e imbavagliati nel suo buio portabagagli.

BSOD (Blue Screen Of Death)

non ricordo bene come ha fatto il personaggio figo di Matrix a pensare in prima istanza di vivere in un programma.
probabilmente gli ideatori del film non sapevano bene come spiegarlo,
oppure mi sono adormentato intanto che lo spiegavano
oppure la spiegazione non mi ha convinto e me la sono dimenticata.

sta di fatto che se qualcosa dovesse farmi pensare di vivere in un programma, dovrebbe essere la diretta testimonianza di un’anomalia tipica dei programmi.
un po come quando sogni e vivi una situazione così strana da farti capire (nel sogno) che data la situazione anomala, probabilmente si sta sognando e quella che si sta vivendo, è evidentemente una realtà di un sogno.
e quali sono le anomalie tipiche dei programmi?
non so se gli amici informatici mi daranno torto, ma a me vengono in mente i loop infiniti*. quindi mi sono detto: ok cantastorie, se mai ti capiterà di trovarti in un palese loop infinito, allora è perché sei in un programma connesso ai tuoi recettori cerebrali (che sono poi 4 massimo 5) e quella che stai vivendo, altro non è che una realtà artificialmente ricostruita da un programma.
quando formulai questo test, l’ansia di provarne la veridicità, con gli anni si affievolì; tanto che nel tempo mi sono dimenticato di tutta la faccenda, finché un giorno, passeggiando per la città, mi capita d’imbattermi in una conversazione citofonica tra due interlocutori che chiameremo Alice e Bob

Alice – Hey, mi ha chiamato XXXX e mi ha avvertito dell’incontro, come facciamo per arrivarci?
Bob – allora, Guarda…
Alice – Dove..?
Bob – No, era un “guarda…” inteso come “ascolta…”
Alice – Cosa?
Bob – Era un “ascolta…” inteso come “aspetta…”
Alice – ma per Per quanto?
Bob – No, era un “aspetta…” inteso come, come mmmmh…
Alice – mmmhh?!?!

ero palesemente entrato in un loop infinito.
in quei secondi l’istinto d’informatico vinse sulla memoria a lungo termine e prendendo il sopravvento mi fece desiderare solo di aggiustare quell’errore/evento che il debug della realtà non poteva compilare.
per uscire dal loop, pensai che dovessi ucciderli entrambi.
poi avvicinandomi mi venne in mente che bastava forse urtare inavvertitamente l’uomo che parlava al citofono (Alice) e distrarlo.

lo urto —PAM!— e faccio cadere le mie chiavi
Cantastorie – oh, mi scusi, ero distratto
Alice – si, fa niente, non c’è problema
(silenzio)
Alice – quindi Bob, mi stavi dicendo?
Bob – vieni su, dai, ho trovato la via su internet
Alice – arrivo
“bzzzz!” portone condominiale che si apre.

ogni tanto mi capita di pensare che cosa sarebbe successo se non fossi intervenuto. penso che se sta notte un negro con gli occhiali di Ozzi Osburn mi sveglia porgendomi sul palmo aperto delle pastiglie colorate, gli dico di tornare con un mojito, che se gli anni ’90 mi hanno insegnato qualcosa è che le pasticche vanno prese con gli alcolici.

*un loop infinito, per chi non lo sapesse, è una sorta di circolo vizioso di azioni e reazioni nel quale se un programma entra, non esce più e continua a ripetere le stesse operazioni ciclicamente, all’infinito.

Categorie:Storie di vita