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Archive for the ‘Birra’ Category

la favola di sandy il chimico

 

Aggiungere zucchero alla vostra bevanda alcolica non la renderà più alcolica ma risulterà solo una insulsa e ignorante azione concretizzabile nel prendere a calci centinaia di anni di tradizioni birraie/vinicole rendendovi veicolo di una demarcata, democratica, incancrenita e orribile deficienza nell’analisi dei processi della chimica organica probabilmente originariamente stuprata da dei bitumosi intelletti di baristi del napoletano che siccome mischiano liquami colorati e rendono sbronzi i clienti, si credono dei maghi della chimica.
Ma perché non ve ne andate tutti un pò affanculo? giusto un attimo, senza cattiverie.

Grosso modo la fermentazione alcolica ha comunque come risultato la trasformazione degli zuccheri in alcol etilico e anidride carbonica.
Il processo viene svolto da dei funghi unicellulari tipo lieviti (ma non tipo PaneAngeli delle torte della mamma n.d.a). Inizialmente tali organismi messi nel substrato di coltura (il mosto, il malto o l’impasto del pane) svolgono un’attività aerobica, utilizzando cioè l’ossigeno dell’aria, scindono le molecole complesse degli zuccheri in molecole più semplici. Poi dall’interno della massa in fermentazione per mancanza di ossigeno i lieviti passano alla fermentazione sfruttando la glicolisi, trasformando gli zuccheri in alcol etilico ed anidride carbonica.
in genere se si intende “adulterare” la birra (ma credo anche il vino) si aggiungono degli zuccheri che non vengono dal mosto, per aumentarne il grado alcolico. Tale aggiunta viene effettuata in questa seconda parte del processo di fermentazione.

ogni aggiunta successiva di zuccheri, (vista l’assenza di tempo o di lieviti ancora vivi) è inutile. come Yahoo answers.

per chi invece volesse approfondire il discorso della fermentazione, cosa che sicuramente Rapty non ha osato fare, butto là un link  che aggiunge due formule veloci veloci.

Categorie:Birra, QI < di 2π, Scienze

Grafici sull’alcolismo

una bella serata quella dell’altra sera.
bevo.
sono contento.
non parlo di felicità, ma semplicemente di contentezza come stato delle cose momentaneo ed effimero.
i recettori tattili/uditivi iniziano a non funzionare più bene.
la vista e le percezioni del mondo esterno iniziano a fare le bizze.
non ho più un’idea volumetrica di ciò che mi circonda.
sono sulla bouna strada, a breve perderò anche il dono della parola. inizierò a sbiascicare e a non riuscirò più a comunicare con l’universo che si muove veloce oltre al confine del mio organismo.

sembrerà ridicolo, ma a volte non desidero altro che ridurmi così.
mi sento come immerso in una vasca d’olio, non sento niente e posso concentrarmi.
il problema è il trovare (e ancora più difficile è il mantenere) un equilibrio tra isolamento dei sensi e lucidità.
so che ogni bicchiere di brodaglia che inghiotto mi coibenterà dalla realtà di un tot e contemporaneamente mi rincoglionirà di un tot.
viste come delle funzioni matematiche (tipo curve in un grafico cartesiano), la lucidità è una simil-retta che col bere
sull’asse delle ascisse (‘x’) tende a scendere in picchiata.
la facilità nel concentrarsi, conseguente all’isolamento dal mondo, è invece una simil-retta che col bere sull’asse delle ascisse (‘x’) tende a salire verso il cielo (fino al sopraggiungere del coma etilico dove anche il bevitore va in celo, se è
fortunato).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il momento migliore per uscirsene con le genialate è in qualche modo vicino alla zona dove le due rette incidenti si incontrano.
una volta ho provato a calcolare quanto avrei dovuto bere e in quanto tempo, per raggiungere quel nirvana ispiratore, ma poi mi sono arreso… troppe variabili. troppo stocastiche. troppe casualità e causalità.

ma torniamo all’altra sera:
bevo, sono contento.
raggiungo l’intersezione delle rette e in quel secondo un idea geniale mi si pianta nel cervello come un lampo.
misuro il mio tasso alcolemico in proporzione al decremento dell’abilità nell’aprire nuove bottiglie.
mentre sono ubriaco, ne traccio la funzione su un sottobicchiere.
l’abilità manuale di aprire una bottiglia, in un soggetto sano, è esprimibile con una costante (che noi chiameremo K).
ogni uno ha il suo valore di K.
c’è chi ha alte abilità di default e chi ne ha di pessime.
man mano che bevo, la mia abilità manuale diminuisce. diminuisce seguendo la funzione F= K- 1/log5(x) dove ‘x’ è la
variabile, ovvero l’alcool che ho ingurgitato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

se i carabinieri, invece di impiegare quei cazzutissimi etilometri, utilizzassero il metodo della bottiglia, risolverebbero un mucchio di problemi.
ho visto gente con un tasso alcolemico di 0,7 trascinarsi letteralmente per terra, e altri con 0,8 stare benone.
questo perchè tutto dipende dalla K iniziale! se hai la K alta, il bere non ti rende immediatamente un incapace, mentre,
paradossalmente, se hai la K bassa di tuo, potresti non essere in grado di guidare anche senza aver bevuto.

ok, quindi…
domani andrò in prefettura e insisterò perchè su ogni volante venga installato un portavivande pieno di bottiglie.
ad ogni automobilista (o motociclista, perchennò) fermato e sospettato di essere inabile alla guida, verrà chiesto di aprire
una bottiglia di liquire e verrà cronometrato.
in base al risultato si prenderanno provvedimenti.
chessò… meno di 5 sec senza sbrodolare sull’asfalto, significa che puoi andare.
così si misura tutto, si misura la K, il tasso alcolemico, la concentrazoine di droghe nel sangie, il sonno…

l’altra sera, ad esempio, non ero in grado di aprire una bottiglia se non rompendola o commissionando il lavoro ad altri.
ad un certo punto, più in là nella riga del tempo, non ero nemmeno in grado di trovare la bocca col bicchiere.

il problema del bere, è che troppo spesso la cosa mi scappa di mano. amen

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cosa fagocitare, cosa no

turbo vegetariani altresì vegani.
c’è stato un periodo in cui mi sono imbattuto in diversi di questi esemplari umani. ora non li vedo più. saranno morti, saranno… però mi rammarico, era gente simpatica dico sul serio.
comunque ho passato mesi a questionarli e ad archiviare le risposte pervenutemi e ora ne espleto i risultati sperando che a qualcuno vengano utili.

quello che ho capito è che di turbovegetariani cen’è di tantissime specie e non mangiano carne.
cioé, non mangiano gli esseri viventi.
gli animali.
le cose che avevano una faccia.
e no, aspetta Cantastorie, abbiamo buttato troppa carne sul fuoco (hahaha!! l’ho capita solo dopo averla scritta, giuro).
“non mangiano cose con una faccia”, quindi le chiese non si mangiano. e sì, hanno una faccia. come allora non mangiano i conigli di cioccolato e la gran parte dei poligoni.
…mmm… no, questa definizione non calza, i vegetariani mangiano i conigli di cioccolato.
e comunque gli ovo-lacto-vegetariani non mangiano nemmeno i “prodotti degli esseri viventi senzienti non vegetali” quindi niente latte, niente uova, niente CO2.
e niente birra.
poiché la birra è piena zeppa di esseri viventi senzienti. oltre tutto la birra stessa è un laborioso prodotto degli esseri viventi, primariamente parlo dei lieviti. quindi insomma, niente birra.
e il pane?
insomma, anche il pane è un meticoloso prodotto dei lieviti.

chi studia chimica organica sa bene che quasi tutto in realtà è prodotto degli esseri viventi, anche le cose più inimmaginabili. dal TGCom ecco la rivelazione: i turbovegetariani mangiano i meteoriti.

e comunque il discorso è complesso da trattare perché esistono numerosissime scuole di pensiero, delle quali, francamente non capisco il comune odio nei confronti dei vegetali, che ne goustifichi lo sterminio.
tutto questa mia necessità di districarsi tra grovigli morali e sociali, nasce da quando mi sono ricordato che parlando con un ragazzo vegano, esso mi disse che nell’indottrinamento della sua ragazza nelle sacre vie del veganesimo, si era imbattuto in un terrificante vicolo cieco baudleriano.
la sua donna, in qualità di vegana smise di praticare l’ingoio. “ora sono vegana e quelle lì, sono proteine animali”.
proteine animali.
una punizione terribile.

io comunque mi astengo.
mangio prevalentemente erbivori perché nuociono ai vegetali che non hanno occhietti dolci coi quali impietosire i loro carnefici.
seguo una dieta rigorosa.

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Sbronze pt1

sono argomenti che escono spesso.

non so, sarà il fatto che per le persone che bazzico, sono storie d’attualità, storie facili da trattare vista la grande disponibilità di materiale.

si parlava di sbronze.

Sbronze alla Bukowski.

quel genere di sbronze delle quali, l’indomani non ti è testimone perché della sera prima non ricordi nulla.

c’è chi ha una prassi da seguire in queste circostanze.

appena ti svegli, la prima cosa da fare è verificare la tua ubicazione, cercare a grandi linee di capire di chi è quel soffitto; se è quello della tua stanza, quello dell’ospedale o quello di un’altra abitazione (magari della bruttona che ci provava due o tre sere prima).

poi c’è tutta un’interminabile serie di operazioni di verifica e ricostruzione dell’accaduto… foto, video, testimonianze, roba rotta, scoprire di cosa puzzano i vestiti….

 

quindi il punto è il seguente:

perchè cancellarsi la memoria di quelle che altrimenti sarebbero (forse) delle belle serate?

 

insomma, se alla fine non ti ricordi nulla, significa che non hai imparato nulla… è come se non hai vissuto nulla, quindi perché vivere quelle esperienze?

 

il perché, viene dal fatto che l’importante non è sempre cosa si fa, cosa si vede, cosa si impara.

a volte l’importante è il bagaglio emozionale.

quello ti resta anche se di fatto dimentichi tutto il resto.

 

anzi, aggiungerò che a volte è bene occuparsi solo di godersi il risultato emozionale trascurando i dettagli materiali.

dell’ultima epica sbonza che presi con l’amico Raschia ricordo che in un crepitante spirito di coesione pisciammo nelle bottiglie della moretti in casa del un nostro amico colonnello Jushimoto assopitosi, perché non avevamo voglia di andare in bagno e stoppare la proyezione di koyaanisqatsi.

 

una persona impiega tutta la vita per farsi una reputazione, ma a volte basta un attimo per perderla….

tante cose è meglio non saperle.

Categorie:Birra

Ubriaconi e Neutrini

Siccome sono stato assente dalla scena del blog per molto tempo, oggi scrivo ben due articoli. questo però lo strutturo volutamente male, limitandomi a buttare giù due considerazioni a casaccio:

I neutrini. ma alla fine viaggiano indietro nel tempo o no? cioè, la velocità della luce la superano di 0,025%, quindi secondo certi postulati relativistici i neutrini dovrebbero comparire nel “punto di rilevazione” prima di essere spediti dal “punto di partenza”, invece loro non ci pensano nemmeno di viaggiare indietro nel tempo.

no, i neutrini fanno tante cose fighe, tipo sconquassare il concetto di causa e causalità, ma di viaggiare indietro nel tempo, non se ne parla. i neutrini non sono dei time traveler.

gli ubriaconi sono loro i veri time traveler.

il bere, i neutrini e la velocità superluminare hanno più che qualcosa in comune.

il vero problema del bere è la non retroattività di quello che altrimenti sarebbe la sua arma più forte: l’oblio.

si beve e poi si dimentica quello che succede, ma non si riesce a bere e ad obliare gli eventi del passato.

su questa cosa non si scherza!

significa che ogni ubriacone deve inventarsi un motivo nuovo per alimentare il circolo “bevo per dimenticare” e oltre tutto, deve trasporre questo motivo nell’immediato futuro, in modo poi da poterselo dimenticare bevendo.

più facile a dirsi che a farsi.

 

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San Patrizio

Che coincidenza che la festa dell’unità d’italia (che si festeggia ogni 50 anni) cada insieme a san Patrizio in Irlanda.

Non ci ho fatto caso finché non mi sono alzato sta mattina. E sì che ieri sera bere birra verde avvolti in festosissime e fastidiosissime bandierone tricolore, avrebbe dovuto destare sospetto. Ho anche visto una bandiera tricolore anomala (credo Francese) appesa sopra ad un bagno. Sarà stato l’ultimo insano gesto di protesta misogallica?Un chiaro messaggio al popolo franco di comparazione e disprezzo tra la loro terra incriminata ed un cesso?o forse sarà stata una mia visione bernadettica.

In realtà  ieri non importava a nessuno che fosse l’unità o san Patrizio, trattavasi solo di una scusa per bere, che si trattasse di ottima Guinnes, O’Hara, Kilkenny oppure birraccia verde “Calderoli liquido” mo di T1000. Che agli italiani non imprti, non è una novità e non mi stupisce. Che gli irlandesi siano interessati da un processo simile però fa strano.

No, non parlo dell’unità nè di Calderoli, parlo del fatto che il sig. Patrizio ha rovinato indelebilmente la cultura celtica/gaelica mischiandola abilmente con un cristianesimo già ai tempi adulterato con mille altre religioni. Come può una popolazione festeggiare l’avvento della propria maggiore disfatta storica? come può san Patrizio sullo sfondo di un quadrifoglio rappresentare l’Irlanda quando in vita è stato il maggior distruttore dell’Irlanda?
Con la birra.

Per fortuna che qualcuno ti ha inventato. Poi nelle locandine, S.Patrizio ha una faccina così simpatica, ricorda lo gnomo della Mc Chouffe.

Categorie:Birra