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Archive for the ‘Rubrica del Giovedì’ Category

Neurogenesi anche in età adulta

qualcuno ha mai detto che questa si chiama rubrica del giovedì perché pubblico tutti i giovedì? forse sì, ma non sono stato io. ecco tutto.

La pratica di testare al suolo gli ordigni nucleari è stata una delle più deleterie della Guerra Fredda e ha provocato un elevato quantitativo danni all’ambiente a causa ad esempio della radioattività diffusa in atmosfera senza nemmeno innescare una guerra seria. Sono stati 40 anni a misurarsi chi aveva l’uccello più lungo.

Tuttavia, ha anche portato qualche vantaggio secondario, come dimostra lo studio pubblicato sulla rivista “Cell” da un gruppo internazionale di ricercatori, a prima firma la giovanissima e azzarderei bellissima Kirsty L. Spalding, che hanno sfruttato quella radioattività per stabilire che anche nell’essere umano un numero significativo di neuroni dell’ippocampo, una regione cerebrale cruciale per la memoria e l’apprendimento, viene generato in età adulta.

La scoperta in se stessa, mette la parola fine ai vecchissimi precetti della neurogenesi insegnata in ambito accademico ancora oggi, secondo la quale i neuroni umani vengono creati in fase embrionale e dopo di ché sono semplicemene destinati a diminuire nel tempo. Già da molto tempo si sa quantificare la nascita di nuovi neuroni nei topi ma non negli esseri umani a causa dell’invasività delle indagini necessarie. Spalding e colleghi hanno perciò pensato di usarare un “orologio” fisico molto importante per le datazioni in diversi ambiti scientifici: il carbonio-14.

Neurogenesi negli adulti? La conferma arriva quindi dalla boooombaaa!
L’abbondanza dell’isotopo radioattivo liberato in atmosfera terrestre è aumentata a partire dal 1945 in seguito ai test nucleari che venivano effettuati al suolo, per poi diminuire costantemente dopo la loro messa al bando, intorno al 1963. Il carbonio entra poi nella catena alimentare umana attraverso le piante e viene fissato nel DNA ogni volta che si forma un nuovo neurone. I neuroni possono così essere datati come se fossero reperti archeologici. Semplice e geniale.
Frenchman Flats, in foto, sito del Nevada dove sono stati tenuti centinaia di test nucleari come quello che ha trasformato il dottor Banner in Hulk.

Nevada sito test nucleare

 

Misurando la concentrazione di carbonio-14 nel DNA dei neuroni umani, Frisén e colleghi hanno dimostrato che più di un terzo di quelli dell’ippocampo vengono regolarmente rinnovati per tutto il corso della vita. Ogni giorno, nell’adulto si aggiungono circa 700 nuovi neuroni per ogni ippocampo, con un ricambio annuale totale che si aggira intorno all’1,75 per cento e che declina solo leggermente con l’età. Per chi seguisse questo blog e non fosse affine con la statistica, significa un ricambio totale in qualcosa come 60 anni.

“Si è creduto a lungo che l’uomo avesse un numero di neuroni determinato alla nascita una volta per tutte”, sottolinea Jonas Frisén, uno degli autori della ricerca. “Questa è la prima prova sperimentale che la formazione di nuovi neuroni può contribuire alla funzione cerebrale anche in età adulta”, “gne gne gne, siete tutti dei coglioni, ho ragione io, mi devi 10 yen” questa invece è mia e Frisén non c’entra niente.

Microfotografia in falsi colori di tessuto ippocampale: si distinguono in verde gli astrociti e in rosso le regioni contenenti il DNA

E’ naturale a questo punto pensare a nuove prospettive di terapia per le malattie neurodegenerative. Basti pensare a tutte quelle malattie (si pensa anche la depressione) che sono legate ad una neurogenesi ippocampale ridotta, potrebbero avere un nuovo metodo di diagnosi.
Una bella dose di sane, vecchie radiazioni.

Gerd Kempermann in un articolo di commento apparso su “Science”, che lessi on-line poco tempo fa, disse che la neurogenesi adulta nell’ippocampo, oltre a contribuire alla plasticità del cervello potrebbe avere un ruolo non solo nella sua stabilità, ma addirittura nella sua individualizzazione e quindi nella formazione della personalità, come suggeriscono recenti ricerche sui gemelli monozigoti.
A questo punto posso concludere che spero che la mia nuova personalità che emergerà con la formazione di giovinissimi neuroni nel circuito ippocampale, possa prendere il sopravvento, odiarsi sempre di più e rendersi conto che questa rubrica del Giovedì ha senso di esistere quanto un vaccino per l’influenza H1N1.

giovedì prossimo, se ne avrò voglia, pubbliecherò la seconda parte dell’articolo con altre ricerche sulle neuroscenze che all’università non ti insegnano perché quei porci dei docenti attengono a dei libri che sono stati stampati quanto più l’anno scorso e caso mai hanno a che fare con l’editoriale. XD

Ritmi circadiani. let’s fix them!

Benvenuti al primo appuntamento della rubrica del giovedì (che spera di protrarsi per tutti i giovedì esclusi quelli delle feste di natale e giorni in cui disporrò contemporaneamente di paracetamolo e vino rosso)

Oggi si parla di ritmi circadiani rovinati (ad esempio dal jet leg o dalla vita notturna del sabato-domenica), e di come risistemare tutto in modi costosissimi e avveniristici.

Da pochi giorni, un gruppo di studiosi del Dipartimento di neuroscienze cliniche dell’Università di Oxford in collaborazione con le case farmaceutiche pRed, Axolab, l’Università di Notre Dame (a Notre Dame, negli Stati uniti (in Indiana), non in Francia… maledetti coloni, gli spaccherei il culo, non avevano proprio fantasia a dare i nomi alle città) ha individuato un meccanismo che limita la capacità dell’organismo di adattarsi ai diversi tempi di alternanza di luce e del buio aka giorno-notte.
Numerosi studi hanno chiarito che quasi tutti gli esseri viventi sulla Terra hanno un orologio circadiano interno che mantiene l’organismo regolato sul ciclo di 24 ore, sincronizzando diverse funzioni, dall’appetito al sonno, con l’alternanza di luce e di oscurità. Quando si viaggia in zone con diversi fusi orari, tuttavia, per
adeguarsi al nuovo orario il nostro orologio interno impiega fino a un giorno per ogni ora di sfasamento, con il risultato di diversi giorni di affaticamento e scombussolamento.

Nei mammiferi, l’orologio circadiano è controllato da un’area del cervello detta nucleo superchiasmatico, localizzato nell’ipotalamo, che “sincronizza” ogni cellula del corpo sullo stesso ritmo biologico. Si tratta di un gruppo specializzato di neuroni collegato alle cellule gangliari retiniche fotosensibili, che contengono un pigmento chiamato melanopsina e seguono un tragitto (chiamato tratto retino-ipotalamico) che le collega al nucleo soprachiasmatico e che quindi forniscono alle cellule informazioni sulle condizioni della luce ambientale. I meccanismi precisi che consentono alla luce di unfluenzare le attività del sistema nervoso sono ancora poco chiari, ma sono stati identificati circa 100 geni coinvolti nella risposta alla luce e la sequenza di processi molecolari che entrano in gioco per ritarare
l’orologio circadiano.
In particolare, è stato chiarito il ruolo della molecola SIK1, che agisce arrestando questa risposta, agendo come un freno sulla regolazione dell’orologio biologico.
quando infatti i ricercatori bloccavano l’attività della SIK1, i topi trattati si adattavano più velocemente nel ciclo di luce.
Quindi ok, sugli umani non sono ancora stati condotti esperimenti ma le case farmaceutiche non mettono soldi in ricerca se non credono di avere un tornaconto futuro.

L’articolo originale, pubblicato sulla rinomata rivista “Cell” del quale fornisco un abstract (mentre io l’ho letto tutto appropriandomi del materiale per vie traverse ma tanto cazzo lo leggete? il mio abstract è mille volte meglio) in breve spiega che sono stati presi dei topi e sono stati esposti, a campione, a diversi cicli di luce-buio.
il meccanismo osservato, ben riassunto un questa immagine, jet leg cell effectspeiga che la proteina “cAMP response element binding protein” (CREB) entra nel nucleo delle singole cellule
del superchiasmatico in presenza di sorgenti luminose.
a questo punto il CRTC1 (ovvero CREB regulated transcriptor coactivator 1) induce l’espressione di Per1 e Sik1.
Per1 è una proteina dalle funzioni ancora poco note ma sembra che abbia a che fare con lo shiftamento del TTFL (transcriptional/translational feedback loops) che
appunto comunicherebbe alle cellule che l’orario sta cambiando e che ad esempio “sta sera si va a letto prima perché sta facendo buoi presto e domani il sole sorge
prima”.
la proteina Sik1 (salt inducible kinase 1) invece sembra agire come freno, ritardando l’azione dello spostamento dell’orologio (quindi contrastando l’azione di Per1
sul TTFL).
nei topi, l’abbattimento dell’espressione della proteina Sik1 ha fatto sì che le cavie si abituassero più velocemente alle nuove condizioni di luce-buio.
sia gli esperimenti in vivo che in vitro, danno risultati compatibili.

“Probabilmente mancano ancora molti anni per arrivare a una cura per il jet lag, ma la comprensione dei meccanismi che generano e regolano l’orologio circadiano fornisce un obiettivo terapeutico per aiutare l’organismo a rimanere sincronizzato con il ciclo solare”, ha commentato Russell Foster, direttore dello Sleep and Circadian Neuroscience Institute dell’Università di Oxford, che ha partecipato alla ricerca. “Questi farmaci hanno potenzialmente un ampio spettro di azione e potrebbero essere utili anche per le malattie mentali”.
A questo punto si evince che il dottor Russell Foster è convinto che la mia sia una malattia mentale e in parte ne sono convinto anche io, vediamo quanti di voi ne sono affetti!

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