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Archive for the ‘Salute’ Category

Rieccomi froci

quasi quattro mesi che non scrivo eccetera eccetera.

è che mi sono trovato un hobby ancora più nerd dell’avere un blog: spostare dischi di metallo.

cioè, in realtà è un hobby che ho sempre avuto, solo che nelle ultime settimane ho capito che non potrò più farlo. è una lunga storia, dubito che ve la racconterò mai per esteso.

e vabbe’, niente, proverò a stare un pochino più dietro al blog da ora in poi, cercando di tenere a mente che la realtà fa drasticamente cagare e quindi è di gran lunga meglio sparare puttanate quì in attesa che qualcuno le legga.

vi è mai capitato d’impegnarvi a morte in una cosa per anni, di lasciare la propria ragazza perché non vi fa fare quella cosa lì come vorreste voi, di smettere di bere, smettere di fumare, smettere di drogarsi, cessare ogni forma di aggregazione sociale non obbligatoria, mandare a puttane il lavoro, i soldi, la salute, le feste; per riuscire meglio in quella cosa lì… e poi rendervi conto che in quella cosa fate schifo e dovete rinunciare pure a quella?

vi siete mai chiesti perché succede?
io un idea me la sono fatta.

ma in questo periodo di morte di papi e resurrezione di governi, guerre, soprusi, proliferazione di moschee, stupri, aumenti dell’IVA, IMU, IRPEF, erpes, lavoro interstiziale, agenzie di rating… etc

in realtà passa la voglia di pronunciarsi su qualunque cosa.

la precondizione per non pronunciarsi è però essere potenzialmente in grado di comunicare. quindi credo che il qui presente strumento “blog” serva ad avere la possibilità di sprecare una potenzialità comunicativa in segno di rinunzia al pronunciarsi come quando si sta in silenzio al telefono.

mentre se uno sta in silenzio senza telefonare sono cazzi suoi.
chiaro no?

ora vado a dormire, sperando che al mio risveglio siate tutti bruciati in un incendio.
buona giornata.

Grafici sull’alcolismo

una bella serata quella dell’altra sera.
bevo.
sono contento.
non parlo di felicità, ma semplicemente di contentezza come stato delle cose momentaneo ed effimero.
i recettori tattili/uditivi iniziano a non funzionare più bene.
la vista e le percezioni del mondo esterno iniziano a fare le bizze.
non ho più un’idea volumetrica di ciò che mi circonda.
sono sulla bouna strada, a breve perderò anche il dono della parola. inizierò a sbiascicare e a non riuscirò più a comunicare con l’universo che si muove veloce oltre al confine del mio organismo.

sembrerà ridicolo, ma a volte non desidero altro che ridurmi così.
mi sento come immerso in una vasca d’olio, non sento niente e posso concentrarmi.
il problema è il trovare (e ancora più difficile è il mantenere) un equilibrio tra isolamento dei sensi e lucidità.
so che ogni bicchiere di brodaglia che inghiotto mi coibenterà dalla realtà di un tot e contemporaneamente mi rincoglionirà di un tot.
viste come delle funzioni matematiche (tipo curve in un grafico cartesiano), la lucidità è una simil-retta che col bere
sull’asse delle ascisse (‘x’) tende a scendere in picchiata.
la facilità nel concentrarsi, conseguente all’isolamento dal mondo, è invece una simil-retta che col bere sull’asse delle ascisse (‘x’) tende a salire verso il cielo (fino al sopraggiungere del coma etilico dove anche il bevitore va in celo, se è
fortunato).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il momento migliore per uscirsene con le genialate è in qualche modo vicino alla zona dove le due rette incidenti si incontrano.
una volta ho provato a calcolare quanto avrei dovuto bere e in quanto tempo, per raggiungere quel nirvana ispiratore, ma poi mi sono arreso… troppe variabili. troppo stocastiche. troppe casualità e causalità.

ma torniamo all’altra sera:
bevo, sono contento.
raggiungo l’intersezione delle rette e in quel secondo un idea geniale mi si pianta nel cervello come un lampo.
misuro il mio tasso alcolemico in proporzione al decremento dell’abilità nell’aprire nuove bottiglie.
mentre sono ubriaco, ne traccio la funzione su un sottobicchiere.
l’abilità manuale di aprire una bottiglia, in un soggetto sano, è esprimibile con una costante (che noi chiameremo K).
ogni uno ha il suo valore di K.
c’è chi ha alte abilità di default e chi ne ha di pessime.
man mano che bevo, la mia abilità manuale diminuisce. diminuisce seguendo la funzione F= K- 1/log5(x) dove ‘x’ è la
variabile, ovvero l’alcool che ho ingurgitato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

se i carabinieri, invece di impiegare quei cazzutissimi etilometri, utilizzassero il metodo della bottiglia, risolverebbero un mucchio di problemi.
ho visto gente con un tasso alcolemico di 0,7 trascinarsi letteralmente per terra, e altri con 0,8 stare benone.
questo perchè tutto dipende dalla K iniziale! se hai la K alta, il bere non ti rende immediatamente un incapace, mentre,
paradossalmente, se hai la K bassa di tuo, potresti non essere in grado di guidare anche senza aver bevuto.

ok, quindi…
domani andrò in prefettura e insisterò perchè su ogni volante venga installato un portavivande pieno di bottiglie.
ad ogni automobilista (o motociclista, perchennò) fermato e sospettato di essere inabile alla guida, verrà chiesto di aprire
una bottiglia di liquire e verrà cronometrato.
in base al risultato si prenderanno provvedimenti.
chessò… meno di 5 sec senza sbrodolare sull’asfalto, significa che puoi andare.
così si misura tutto, si misura la K, il tasso alcolemico, la concentrazoine di droghe nel sangie, il sonno…

l’altra sera, ad esempio, non ero in grado di aprire una bottiglia se non rompendola o commissionando il lavoro ad altri.
ad un certo punto, più in là nella riga del tempo, non ero nemmeno in grado di trovare la bocca col bicchiere.

il problema del bere, è che troppo spesso la cosa mi scappa di mano. amen

Categorie:Birra, Salute, Scienze Tag:

Anch’io ho scelto VALSOIA!

Non credo negli argomenti dei quali non si può parlare. D’altro canto questo è un paese libero no? e questo blog è libero… finchè non mi beccano.
Questa in sé vuole essere una premessa per agevolare quelli che eventualmente non hanno ancora capito lo spirito deviato della redazione, tralasciando le prefazioni fatte di frociaggine e scuse sentite, cercando di deviare i presi male o gli individui sensibili a sorvolare dalla lettura di quanto segue.

Voglio esprimermi in merito all’evoluzione dell’uomo. Un processo che ha richiesto millenni di duro, durissimo lavoro.
Non parlo di evoluzione della forma biologica (alla quale credo tanto quanto si possa credere a Vanna Marchi), ma di un evoluzione sociale sul piano della collettività dell’essere umano in rapporto alle altre creature che popolano la terra.

In questo processo molti, forse troppi, sono morti o hanno pagato col sangue nel simbolismo dell’ultimo definitivo gesto di sacrificio per portare la specie umana in cima alla piramide alimentare.
E a volerci vedere bene, chi l’avrebbe mai detto? chi avrebbe dato una possibilità di successo in questa epica impresa evoluzionistica a dei bipedi di 70-80kg?
Privi di armi naturali, privi di esoscheletro/endoscheletro robusto, dotati di una delle peggiori configurazioni muscoloscheletriche che la natura preveda, siamo arrivati in cima alla piramide dopo un percorso lunghissimo, fatto di sofferenze e cosparso di sangue.
Il nostro posto di “predatori assoluti” ce lo siamo guadagnati con l’arma più improbabile, col pollice opponibile e col “trucco” di servirsi di strumenti per il potenziamento d’azione.
Per tutti gli esseri viventi, le caratteristiche per primeggiare sono sempre state la dimensione, la forza, l’aggressività, l’astuzia la velocità e la capacità di adattamento; per noi è stato il quoziente di’ingegno e la possibilità di trasmettere le nostre scoperte alle generazioni più giovani.
ma ci pensi? il cacciatore definitivo non è il t-rex ma è l’uomo! che emozione… è stato difficile, ma alla fine eccoci qua.

Eppure, qualcuno ultimamente ha pensato di farsi beffe del glorioso passato e del tortuoso percorso di elevazione umana diventando vegetariano.
Probabilmente questi si pensano migliori, o caso mai responsabili nei confronti delle specie che abbiamo sottomesso con la violenza.

Questo, a mio avviso è frutto di un errore nella migrazione dei dati dalle generazioni precedenti a quelle odierne.
in questo i vegetariani non hanno colpe.
qualunque uomo cavernicolo armato di lancia saprebbe che se il suo gattino domestico pesasse 300kg, non esiterebbe un attimo a strappargli la faccia con un’unghiata, solo per capriccio o per gioco.
lo fanno anche le orche con le piccole foche, no?
Se questo passaggio di correlazione forza-dominio è sempre stato evidente agli uomini del passato, il suo significato è diventato evanescente al presente, e dal momento che i più non cacciano personalmente il loro cibo, il passaggio della simbolica staffetta rappresentante la conquista umana, è carico di chi attualmente detiene queste attività.

Mangiare carne è come tenere accesa la fiaccola delle olimpiadi.
E’ l’unico simbolo collettivo che ci ricorda quello che siamo stati in grado di fare, armati solo della più fine arguzia.

Ora le cose sono cambiate e dilaga la tendenza di prendere a calci millenni di tradizione e sacrificio dei nostri genitori, per ignoranza nei confronti del ricordo dei loro sforzi. E’ come se in America tornasse la schiavitù dopo le guerre tra nordisti e sudisti.
Il punto è sempre l’arroganza dell’uomo occidentale.
Oltre ad aver soggiogato e dominato la natura, è convinto di poter plagiare la “natura innata della natura” in un’inverosimile irrazionale convinzione e reinvenzione della bestialità animale dove nessuno mangia nessuno e tutti si vogliono bene, magari proiettando nelle nere notti della savana africana, i Teletubbies sulla faccia visibile della luna.

se gli psicologi polacchi hanno ragione, in breve avremo solo leoni ghei. Platinette con la criniera.

Ecco il nocciolo della questione, la mia personalissima condanna allo stucchevole spirito ‘buono’ collettivo:
“E ai vegetali chi ci pensa?” soffrono anche loro, sapete?

Da oggi propongo di ribilanciare le sofferenze globali del pianeta fondando il movimento antivegetariano, che ha come fondamento ha l’amore nei confronti dei vegetali, costringendo i suoi adepti a nutrirsi solo di animali.
Anche perché a volerci vedere chiaro, Gli unici che non fanno soffrire nessuno sono gli alberi che traggono energia dal sole e dalla terra. Vi sembra giusto che noi, per non fare del male ad esseri viventi, ci si debba accanire esattamente con chi non fa male a nessuno?
Siamo i bulli della natura, ce la prendiamo con i più deboli.

Quando le sofferenze saranno bilanciate, diventeremo tutti necrofagi nutrendoci di carogne di animali morti per cause naturali e vegetali rinsecchiti, rifiutandoci di capire che le sofferenze della flora e della fauna non sono state cancellate dal planet Earth ma le stiamo solo delegando a fattori esterni da noi umani, come malattie e batteri, rendendole di fatto sofferenze peggiori.

ma occhio non vede, cuore non duole vero?

cosa fagocitare, cosa no

turbo vegetariani altresì vegani.
c’è stato un periodo in cui mi sono imbattuto in diversi di questi esemplari umani. ora non li vedo più. saranno morti, saranno… però mi rammarico, era gente simpatica dico sul serio.
comunque ho passato mesi a questionarli e ad archiviare le risposte pervenutemi e ora ne espleto i risultati sperando che a qualcuno vengano utili.

quello che ho capito è che di turbovegetariani cen’è di tantissime specie e non mangiano carne.
cioé, non mangiano gli esseri viventi.
gli animali.
le cose che avevano una faccia.
e no, aspetta Cantastorie, abbiamo buttato troppa carne sul fuoco (hahaha!! l’ho capita solo dopo averla scritta, giuro).
“non mangiano cose con una faccia”, quindi le chiese non si mangiano. e sì, hanno una faccia. come allora non mangiano i conigli di cioccolato e la gran parte dei poligoni.
…mmm… no, questa definizione non calza, i vegetariani mangiano i conigli di cioccolato.
e comunque gli ovo-lacto-vegetariani non mangiano nemmeno i “prodotti degli esseri viventi senzienti non vegetali” quindi niente latte, niente uova, niente CO2.
e niente birra.
poiché la birra è piena zeppa di esseri viventi senzienti. oltre tutto la birra stessa è un laborioso prodotto degli esseri viventi, primariamente parlo dei lieviti. quindi insomma, niente birra.
e il pane?
insomma, anche il pane è un meticoloso prodotto dei lieviti.

chi studia chimica organica sa bene che quasi tutto in realtà è prodotto degli esseri viventi, anche le cose più inimmaginabili. dal TGCom ecco la rivelazione: i turbovegetariani mangiano i meteoriti.

e comunque il discorso è complesso da trattare perché esistono numerosissime scuole di pensiero, delle quali, francamente non capisco il comune odio nei confronti dei vegetali, che ne goustifichi lo sterminio.
tutto questa mia necessità di districarsi tra grovigli morali e sociali, nasce da quando mi sono ricordato che parlando con un ragazzo vegano, esso mi disse che nell’indottrinamento della sua ragazza nelle sacre vie del veganesimo, si era imbattuto in un terrificante vicolo cieco baudleriano.
la sua donna, in qualità di vegana smise di praticare l’ingoio. “ora sono vegana e quelle lì, sono proteine animali”.
proteine animali.
una punizione terribile.

io comunque mi astengo.
mangio prevalentemente erbivori perché nuociono ai vegetali che non hanno occhietti dolci coi quali impietosire i loro carnefici.
seguo una dieta rigorosa.

Categorie:Birra, Salute Tag:

interazioni tra lavoro, salute e vita organica

il lavoro fa male e per la prima volta lo dico con cognizione di causa.

dopo anni ed anni sono riuscito a farmi 15g fi ferie consecutive infilate dentro il periodo di natale-capo d’anno per riempire i buchi.

sono ringiovanito di 10 anni,

m’è tornata voglia di scopare

di fare cose

di uscire la sera

bere in compagnia

rimorchiare ragazze sconosciute

riderci su con gli amici

considerare che in fondo, avere una famiglia propria non dev’essere male

alzarsi in tarda mattinata, guadrare il sole e dirgli “buongiorno sole!! questa volta io mi sono alzato dopo di te haha!”

andare a trovare i parenti (alcuni) e scoprire che non sono affatto malvagi

andare ad un post-cena tra cugini dei quali forse sei parente, forse no, ma ora mai, dato che sei lì, è meglio fare baccano con tutti gli altri e berci su

mi sono spariti gran parte dei dolori articolari che accuso da anni

e sono riuscito a vedere tutti i film serali con gli amici, senza addormentarmi sfinito.

 

è bastato un giorno di lavoro il 2 gennaio, e tutti questi effetti benefici sono scomparsi come per magia.

a distanza di 3 giorni il benessere non lavorativo ormai è un ricordo remoto che fisicamente in me non trovava più traccia alcuna.

a distanza di 10 giorni, è tornata quella rigogliosa depressione che mi ricorda che io sono solo uno sputo sulla crosta terrestre, una macchia di merda che aspetta solo l’ora dello sciaquone.

 

 

lavorare fa male.

e beninteso, non dico che per stare bene non si debba fare un cazzo, poiché in ferie ho fatto un mucchio di cose, alcune anche fisicamente faticose (tipo un sostenuto regime di allenamento e fare l’impianto di riscaldamento in casa) altre estenuanti e apparentemente infinite (tipo provarci con delle ragazze che poi alla fine non te la danno mai), altre deleterie per l’organismo (tipo ubriacarsi violentemente o ingozzarsi di dolci natalizi) eppure qualcosa è rivelatosi diverso.

faticare per lavoro Vs faticare per te stesso.

ebbene, quello che è diverso è forse l’opinabilità delle attività che si decide di fare.

se sono in ferie posso DECIDERE cosa fare, cosa no, altresì quando fare una cosa o l’altra.

l’opinabilità parrebbe la chiave di volta per una vita felice e in salute.

gradi di variabilità che non trovano ragion d’essere in una vita nella quale si passano dalle 10 alle 16 ore lavorando dove hai ben poco da decidere.

Categorie:Salute, Storie di vita

Feti

si, donne.

fate figli, procreate. Fateli, ma prendete atto della verità.

me ne parlò per primo l’amico dello spazio.

io mi documentai e poi tadaaan!

Wikipedia rispose

i feti sono parassiti.

lo dice la scienza,

no way out.

una volta ho ospitato un parassita, è stata un’esperienza piuttosto disgustante (e ve lo dice un uomo difficile al ribrezzo). andai nel bosco (come faccio spesso) e tornai a casa con una zecca. mi accorsi della sua presenza solo il giorno seguente. mi si era aggrappata alla ciccia, lurido schifoso parassita il cui unico scopo era suggere dal mio sangue. s’ingrassava, al caldo del mio corpo coperto dai vestiti.

e sì che una soluzione non violenta era dietro l’angolo. poteva venire a casa con me e chiedermi del sangue; glie ne avrei dato da portare a casa, e invece no, mi ha costretto, per difesa, a strapparla con una pinza dai miei tessuti. il problema è che la sua testa s’è staccata ed è rimasta incastrata nel mio adipe, quindi bando alle cortesie ho preso un coltello e ho reciso il ricettacolo delle sue luride frattaglie, esattamente come si taglia un cordone ombelicale.

ed è qui che la mia immaginazione si ferma. come può un uomo invidiare una donna per il suo privilegio di portare in grembo un parassita? davvero l’uomo si sente inferiore alla donna per questo?

so che un giorno una donna mi picchierà per questo post.

ma anche l’amico Giordano j.j. Bruno è morto per diffondere il sapere.

io potrei cavarmela con molto meno.

forse un occhio nero o un incisivo rotto.

Beati i Pontefici!!

e così hanno beatificato Wojtyla.

l’hanno beatificato perché ha fatto passare il Parkinson ad una suora.

le cose interessanti sono due e le scriverò di getto

1) è interessante come nella scienza medica, ogni azione e scoperta venga subito sottoposta alla più grande acerrimità dal mondo scientifico, volta a denigrare tale scoperta e possibilmente a coprire d’infamia lo scopritore. se la suddetta scoperta passa il test e resiste, creandosi una schiera di seguaci che ne dimostrano l’inconfutabile veridicità tramite innumerevoli raccolte di dati ed elaborazioni statistiche, allora questa viene considerata dagli organi competenti, per poi essere ammessa nell’ “albo delle cure mediche”.

la pranoterapia la si pratica da anni, ha una schiera di seguaci formata da praticanti e pazienti, ma la pranoterapia non e medicina (e probabilmente non lo sarà mai).

l’ozonoterapia (iniezione paravertebrale di ozono e ossigeno per “ossidare” le ernie molli) è quasi accettata come pratica medica, ma sono molti i medici di fama mondiale che dicono si tratti di una cazzata (e a naso potrebbero ave ragione).

la disinfezione è largamente considerata pratica dall’efficacia conclamata, sulla quale nessun personaggio di spessore obietta.

Wojtyla fa qualcosa ad una suora francese, la sua simpatica criccha di scribacchini acclama al miracolo, conseguentemente Wojtyla è un guaritore e va beatificato.

bene.

grandi progressi per l’umanità.

MA ANDATEVENE AFFANCULO!!

2)a me non frega proprio una fungia della sua beatificazione, la cosa che mi fa specie è che mi risulta che fossero circa mille anni da che un papa beatificasse il suo diretto predecessore.

che ci sia stata un’accelerazione burocratica?

una a=F/m?

masse che cadono a picco?

fedeli che si alleggeriscono?

sarà l’effetto di alleggerimento dei portafogli. d’altronde lo dice anche la pubblicità alla RAI: “continuate a pagare l’8 per mille, così con un decimo degli introiti la chiesa cattolica aiuterà i bambini negri ad essere meno negri; mentre con il restante 90%…”.

io me la ricordo così la pubblicità…

andate in pace

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento (citiamo un po Matteo…)

EEECCCCì!

no, non parlo del bene amato figlio di Starnì.

dicono che con 5 starnuti tutti di fila, si muore.

che storia i pollini e la primavera.

viaggio sul filo del rasoio.

Dai, facciamone subito cinque di fila così non  ne parliamo più.

Allegria!! [cit.] tanto per citare qualcuno che le cuoia le ha già turate da un pezzo.

Categorie:Salute