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Neurogenesi anche in età adulta

qualcuno ha mai detto che questa si chiama rubrica del giovedì perché pubblico tutti i giovedì? forse sì, ma non sono stato io. ecco tutto.

La pratica di testare al suolo gli ordigni nucleari è stata una delle più deleterie della Guerra Fredda e ha provocato un elevato quantitativo danni all’ambiente a causa ad esempio della radioattività diffusa in atmosfera senza nemmeno innescare una guerra seria. Sono stati 40 anni a misurarsi chi aveva l’uccello più lungo.

Tuttavia, ha anche portato qualche vantaggio secondario, come dimostra lo studio pubblicato sulla rivista “Cell” da un gruppo internazionale di ricercatori, a prima firma la giovanissima e azzarderei bellissima Kirsty L. Spalding, che hanno sfruttato quella radioattività per stabilire che anche nell’essere umano un numero significativo di neuroni dell’ippocampo, una regione cerebrale cruciale per la memoria e l’apprendimento, viene generato in età adulta.

La scoperta in se stessa, mette la parola fine ai vecchissimi precetti della neurogenesi insegnata in ambito accademico ancora oggi, secondo la quale i neuroni umani vengono creati in fase embrionale e dopo di ché sono semplicemene destinati a diminuire nel tempo. Già da molto tempo si sa quantificare la nascita di nuovi neuroni nei topi ma non negli esseri umani a causa dell’invasività delle indagini necessarie. Spalding e colleghi hanno perciò pensato di usarare un “orologio” fisico molto importante per le datazioni in diversi ambiti scientifici: il carbonio-14.

Neurogenesi negli adulti? La conferma arriva quindi dalla boooombaaa!
L’abbondanza dell’isotopo radioattivo liberato in atmosfera terrestre è aumentata a partire dal 1945 in seguito ai test nucleari che venivano effettuati al suolo, per poi diminuire costantemente dopo la loro messa al bando, intorno al 1963. Il carbonio entra poi nella catena alimentare umana attraverso le piante e viene fissato nel DNA ogni volta che si forma un nuovo neurone. I neuroni possono così essere datati come se fossero reperti archeologici. Semplice e geniale.
Frenchman Flats, in foto, sito del Nevada dove sono stati tenuti centinaia di test nucleari come quello che ha trasformato il dottor Banner in Hulk.

Nevada sito test nucleare

 

Misurando la concentrazione di carbonio-14 nel DNA dei neuroni umani, Frisén e colleghi hanno dimostrato che più di un terzo di quelli dell’ippocampo vengono regolarmente rinnovati per tutto il corso della vita. Ogni giorno, nell’adulto si aggiungono circa 700 nuovi neuroni per ogni ippocampo, con un ricambio annuale totale che si aggira intorno all’1,75 per cento e che declina solo leggermente con l’età. Per chi seguisse questo blog e non fosse affine con la statistica, significa un ricambio totale in qualcosa come 60 anni.

“Si è creduto a lungo che l’uomo avesse un numero di neuroni determinato alla nascita una volta per tutte”, sottolinea Jonas Frisén, uno degli autori della ricerca. “Questa è la prima prova sperimentale che la formazione di nuovi neuroni può contribuire alla funzione cerebrale anche in età adulta”, “gne gne gne, siete tutti dei coglioni, ho ragione io, mi devi 10 yen” questa invece è mia e Frisén non c’entra niente.

Microfotografia in falsi colori di tessuto ippocampale: si distinguono in verde gli astrociti e in rosso le regioni contenenti il DNA

E’ naturale a questo punto pensare a nuove prospettive di terapia per le malattie neurodegenerative. Basti pensare a tutte quelle malattie (si pensa anche la depressione) che sono legate ad una neurogenesi ippocampale ridotta, potrebbero avere un nuovo metodo di diagnosi.
Una bella dose di sane, vecchie radiazioni.

Gerd Kempermann in un articolo di commento apparso su “Science”, che lessi on-line poco tempo fa, disse che la neurogenesi adulta nell’ippocampo, oltre a contribuire alla plasticità del cervello potrebbe avere un ruolo non solo nella sua stabilità, ma addirittura nella sua individualizzazione e quindi nella formazione della personalità, come suggeriscono recenti ricerche sui gemelli monozigoti.
A questo punto posso concludere che spero che la mia nuova personalità che emergerà con la formazione di giovinissimi neuroni nel circuito ippocampale, possa prendere il sopravvento, odiarsi sempre di più e rendersi conto che questa rubrica del Giovedì ha senso di esistere quanto un vaccino per l’influenza H1N1.

giovedì prossimo, se ne avrò voglia, pubbliecherò la seconda parte dell’articolo con altre ricerche sulle neuroscenze che all’università non ti insegnano perché quei porci dei docenti attengono a dei libri che sono stati stampati quanto più l’anno scorso e caso mai hanno a che fare con l’editoriale. XD

Ritmi circadiani. let’s fix them!

Benvenuti al primo appuntamento della rubrica del giovedì (che spera di protrarsi per tutti i giovedì esclusi quelli delle feste di natale e giorni in cui disporrò contemporaneamente di paracetamolo e vino rosso)

Oggi si parla di ritmi circadiani rovinati (ad esempio dal jet leg o dalla vita notturna del sabato-domenica), e di come risistemare tutto in modi costosissimi e avveniristici.

Da pochi giorni, un gruppo di studiosi del Dipartimento di neuroscienze cliniche dell’Università di Oxford in collaborazione con le case farmaceutiche pRed, Axolab, l’Università di Notre Dame (a Notre Dame, negli Stati uniti (in Indiana), non in Francia… maledetti coloni, gli spaccherei il culo, non avevano proprio fantasia a dare i nomi alle città) ha individuato un meccanismo che limita la capacità dell’organismo di adattarsi ai diversi tempi di alternanza di luce e del buio aka giorno-notte.
Numerosi studi hanno chiarito che quasi tutti gli esseri viventi sulla Terra hanno un orologio circadiano interno che mantiene l’organismo regolato sul ciclo di 24 ore, sincronizzando diverse funzioni, dall’appetito al sonno, con l’alternanza di luce e di oscurità. Quando si viaggia in zone con diversi fusi orari, tuttavia, per
adeguarsi al nuovo orario il nostro orologio interno impiega fino a un giorno per ogni ora di sfasamento, con il risultato di diversi giorni di affaticamento e scombussolamento.

Nei mammiferi, l’orologio circadiano è controllato da un’area del cervello detta nucleo superchiasmatico, localizzato nell’ipotalamo, che “sincronizza” ogni cellula del corpo sullo stesso ritmo biologico. Si tratta di un gruppo specializzato di neuroni collegato alle cellule gangliari retiniche fotosensibili, che contengono un pigmento chiamato melanopsina e seguono un tragitto (chiamato tratto retino-ipotalamico) che le collega al nucleo soprachiasmatico e che quindi forniscono alle cellule informazioni sulle condizioni della luce ambientale. I meccanismi precisi che consentono alla luce di unfluenzare le attività del sistema nervoso sono ancora poco chiari, ma sono stati identificati circa 100 geni coinvolti nella risposta alla luce e la sequenza di processi molecolari che entrano in gioco per ritarare
l’orologio circadiano.
In particolare, è stato chiarito il ruolo della molecola SIK1, che agisce arrestando questa risposta, agendo come un freno sulla regolazione dell’orologio biologico.
quando infatti i ricercatori bloccavano l’attività della SIK1, i topi trattati si adattavano più velocemente nel ciclo di luce.
Quindi ok, sugli umani non sono ancora stati condotti esperimenti ma le case farmaceutiche non mettono soldi in ricerca se non credono di avere un tornaconto futuro.

L’articolo originale, pubblicato sulla rinomata rivista “Cell” del quale fornisco un abstract (mentre io l’ho letto tutto appropriandomi del materiale per vie traverse ma tanto cazzo lo leggete? il mio abstract è mille volte meglio) in breve spiega che sono stati presi dei topi e sono stati esposti, a campione, a diversi cicli di luce-buio.
il meccanismo osservato, ben riassunto un questa immagine, jet leg cell effectspeiga che la proteina “cAMP response element binding protein” (CREB) entra nel nucleo delle singole cellule
del superchiasmatico in presenza di sorgenti luminose.
a questo punto il CRTC1 (ovvero CREB regulated transcriptor coactivator 1) induce l’espressione di Per1 e Sik1.
Per1 è una proteina dalle funzioni ancora poco note ma sembra che abbia a che fare con lo shiftamento del TTFL (transcriptional/translational feedback loops) che
appunto comunicherebbe alle cellule che l’orario sta cambiando e che ad esempio “sta sera si va a letto prima perché sta facendo buoi presto e domani il sole sorge
prima”.
la proteina Sik1 (salt inducible kinase 1) invece sembra agire come freno, ritardando l’azione dello spostamento dell’orologio (quindi contrastando l’azione di Per1
sul TTFL).
nei topi, l’abbattimento dell’espressione della proteina Sik1 ha fatto sì che le cavie si abituassero più velocemente alle nuove condizioni di luce-buio.
sia gli esperimenti in vivo che in vitro, danno risultati compatibili.

“Probabilmente mancano ancora molti anni per arrivare a una cura per il jet lag, ma la comprensione dei meccanismi che generano e regolano l’orologio circadiano fornisce un obiettivo terapeutico per aiutare l’organismo a rimanere sincronizzato con il ciclo solare”, ha commentato Russell Foster, direttore dello Sleep and Circadian Neuroscience Institute dell’Università di Oxford, che ha partecipato alla ricerca. “Questi farmaci hanno potenzialmente un ampio spettro di azione e potrebbero essere utili anche per le malattie mentali”.
A questo punto si evince che il dottor Russell Foster è convinto che la mia sia una malattia mentale e in parte ne sono convinto anche io, vediamo quanti di voi ne sono affetti!

my time schedule

Indirizzo del Blog! l’unico blog che tratta tutti come dei malati mentali

Test sugli animali? perché no, ho già fatto merenda.

Scusate il mio astio e il mio cinismo ma questo è l’unico posto dove posso lasciarlo correre libero, al meno finché la polizia non mi becca. Dicevo, scusate l’umore malsano, ma è un periodo difficile da quando degli stupidi animalisti hanno rubato il mio cucciolo di beagle.

Sì, anche io ho un beagle, e pratico la vivisezione.
In realtà non conduco alcuna ricerca, è la mia religione ad imporlo.
Ok, ok, lo faccio anche perché è divertente.

Dicevamo, il mio credo afferma che la sofferenza dei beagle avvicini a Dio. Ed è incredibile come riesca a sopportare facilmente il dolore, quel pulcioso bastardo: non riesco a farlo guaire sin quando non spruzzo alcol, sale e limone sulla carne nuda delle sue ferite aperte.
Che è anche il segreto per la riuscita di un’ottima tequila… trascurando il tabasco che per me è come la Kryptonite, quindi evito.

A volte mi chiedo se anche i ricercatori che utilizzano animali lo fanno per fede o per crudeltà: “Ehi professore, guardi questa scimmia allo stadio terminale! Quando fuma il sigaro è uguale a Don Gallo!”, oppure semplicemente perché condurre esperimenti su scimmie e cavie è un compromesso tra costi e benefici a cui la moderna medicina, al momento, non può ancora rinunciare.

“Marino (Ignazio), sei una bestia! Dovrebbero farla a te la vivisezione! No alle crudeltà sugli animali! Noi la crisi non la paghiamo! Gelmini, Gelmini, vaffanculo! Mandela libero!”
Hai ragione, forse ho esagerato.

Ehi, mi piace molto il tuo nuovo colore di capelli!

Chissà quanti conigli e maiali hanno sofferto per ottenere quel fantastico rosso cinquantenne in crisi di mezza età che non sa più cosa farsene di tutti quegli assorbenti. Oh, ma era un prodotto “Cruelty-Free” come tutti gli smalti, i rossetti e i medicinali che utilizzi, assolutamente. Come se fosse difficile per le multinazionali sporche e cattive esporre il bollino “Prodotto non testato sugli animali”.

Quel, prodotto.

Basterebbe specificare se anche i test che vengono fatti sui singoli componenti lo sono, o se comprano materie prime da altre aziende che praticano la vivisezione.
Non dimenticare inoltre di farmi sapere quando entrerà in commercio il primo antitumorale completamente “Cruelty-Free”.

Gli animalisti son tutti giovani e belli, eppure devo ancora trovare un malato terminale che sia contro la vivisezione e comunque vorrei vedere tu cosa faresti tu se al terzo ciclo di chemio ti apparisse Gesù con in mano una pasticca miracolosa in grado di annullare tutte le piaghe e restituirti ad una vita dignitosa.

Qui c’è la pasticca.

Ma se la vuoi devi dare fuoco, spezzare il collo e insultare le sorelle di settemila beagle.

Pasticca, cuccioli di beagle.

La mia presenza in questo mondo da una parte, occhioni grandi e dolci che non chiedono che amore e coccole dall’altra.
La mia vita, quella di settemila cagnolini affettuosi che mi leccano la mano scodinzolando buffamente.
Devo pensarci ancora un momento, come no.

Certo, sarebbe stato più facile scegliere se al posto dei settemila cuccioli di beagle avessi considerato dei topi da laboratorio dagli occhi rossi e la coda nuda, e non nego che sarei più contento se iniziassero a testare prodotti di bellezza e medicinali su zanzare e serpenti ma non posso farci nulla: niente è più importante della vita umana (in generale s’intende), figuriamoci quella di una bestia.

Eccezione fatta per la vita dei turbo-animalisti, a cui auguro di morire di un cancro la cui cura definitiva venga scoperta solo pochi giorni dopo grazie ad uno studio effettuato vivisezionando graziosi coniglietti.

Ciao a tutti e mi raccomando, continuiamo a volerci bene.

Colonizzare Marte? solo se ho il frigo vuoto.

Quanto è lontano Marte dalla Terra? Tantissimo. Se prendessi tutti i cingalesi della spiaggia di Onno e li impilassi nello spazio in direzione del pianeta rosso, probabilmente morirebbero in modo atroce e non si arriverebbe nemmeno a un sedicesimo del percorso.
Ciò non toglie che l’idea non sia da scartare.

Bars Landsoap, associazione di sillabe quanto più vicina possibile al vero nome di costui, non ha ancora capito un cazzo, ma gli auguro di riuscire nel suo intento e di portare via quante più teste di cazzo possibile in un viaggio sola andata per colonizzare un pianeta sterile e inadatto alla vita.

Potrebbero farci un reality, se solo si riuscisse a trasmettere dati durante le bufere di sabbia marziana invernali che durano anche due mesi.

Potrebbero farci un reality, se solo alla gente a casa piacesse vedere gente che muore di fame o assiderata nel sottosuolo, o peggio perché uno perde la testa e rovina magari un anno di coltivazioni perché non può scopare, perché il problema è poi quello. non sono le malattie o il cibo, il problema è che se il gruppo è misto, qualcuno scopa e qualcuno no.

Aveva ragione una mia carissima quando diceva “beati i vermi, loro sì che se la passano bene”

itelligibili Intelligenze

da piccolo avevo la presunzione di essere un genio.
capita a tanti bambini, che come meccanismo di difesa/comparazione nei confronti degli adulti che li circondano, si convincano di essere dotati di un qualche genere di talento.
questo perché nella mia famiglia c’era un incidenza numerica notevole, di individui talentuosi e di sbruffoni supercompensati.
non avere talento equivaleva a non potersi conformare e adattare all’ambiente nel quale ci si trovava.
col passare delgi anni, interfacciandomi con gli altri bambini, ho scoperto però di essere

scemo.

amen.
ma essere intelligentissimi cosa serve se non si è capaci di conformarsi?
se si dispone di un intelletto superiore e lo si vuole sfruttare, l’abilità nell’integrarsi nel sistema sociale, è un parametro di fondamentale importanza.
puoi essere intelligente quanto vuoi, ma se non sai sfruttare il sistema a tuo vantaggio, sei una nullità.
avere le migliori potenzialità matematiche immaginabili, ma rifiutarsi di imparare dagli altri matematici secondo le loro regole, concorderebbe con la necessità del soggetto in esame, di reinventare la matematica, dalle somme tra numeri interi alla trasformata di Fourier (che generalizzando,sempre di somma si tratta).
reinventarsi tutto, equivale a prendere a calci centinaia e centinaia di anni di lavoro e analisi, per rifarli da zero.

riscoprire la ruota.

come esempio porto la storia di questo tizio , che noi chiameremo semplicemente “tizio” perché la storia ha rischiato di dimenticarlo per un pelo. Pare che questo tizio, spedì al rettore (niente meno che Cauchy) della più prestigiosa università di matematica francese, delle missive contenenti degli espedienti matematici per risolvere problemi complicatissimi allora irrisolti. il tizio in questione non è mai riuscito ad iscriversi all’università perché credeva che ai test di ammissione, lo pigliassero per il culo. per lui, quei test erano troppo facili. così si limitò a mandare lettere al rettore proponendo le sue soluzioni.
lettere che vennero tutte cestinate, perché il rettore aveva percepito che tale tizio fosse uno schizzato, ma non aveva capito che trattavasi di uno schizzato talentuoso.

il nostro tizio
uno di quelli che avrebbe potuto far progredire la matimatica di decine di anni in un botto solo.
in somma, probabilmente era un genio, ma era inadatto. come un ottimo scalpellino senza gli attrezzi.
tra l’altro, a negare il talento del giovane “tizio”, non ci si mette solo Cauchy, ma anche Poisson e un pochinino Fiurier (che però io scagonerei un po perché ha letto la prima lettera di “tizio” ed è morto la settimana dopo, un po perché aveva una faccia da culo come pochi e un po perché a me fourier piace e se mi accusi di essere di parte, allora sì, ok, sono di parte ma questo è il mio blog e dico tutte le fesserie che voglio va bene?)
che fine ha fatto tizio? in breve è stato ucciso in una “rissa da bar” a 21 anni, difendendo la donna che amava e poi ha passato le successive 24 ore a correggere i suoi lavori matematici… cioè, un pazzo furioso, diciamocelo… hai difeso la tua donna, ora ti tocca morire, al meno muori trombando, e invece no.
altro esempio interessante è quello dell’astronomo italiano Giuseppe Piazzi, che individuò un corpo celeste nella via lattea, ma riuscì ad eseguire solo 24 osservazioni della sua orbita prima che il pianetuccolo entrasse in congiunzione con la Luna e facesse perdere le sue tracce.
lo strumento che ha reso possibile la reindividuazione del pianetuccolo Cerere, è da attribuirsi agli sforzi di Gauss  che oltre ad essere noto per aver dato il suo nome a ogni genere di fucile che spara roba liminosa negli FPS made in USA, inventò il metodo dei Minimi quadrati per il calcolo delle orbite (che grosso modo è un interpolazione, quindi ha numerosissimi campi di applicazione, dall’astronomia, alle donne, all’arredamento. Gauss è un figo, ancora più di Fourier). gli astronomi avrebbero potuto metterci un secolo per ritrovare Cerere, facendo vorticare i loro telescopi a casaccio nelle costellazioni, se non ci fossero stati dei matematici che nei secoli hanno posto le basi che Gauss ha poi sfruttato, battezzato e divulgato sotto forma di formula per il calcolo dei minimi quadrati.
Gauss da solo non ce l’avrebbe fatta. sono serviti gauss, i suoi contemporanei e tutti quelli che ci sono stati prima di lui.
Galois (aka Tizio) non ce l’ha fatta. non è riuscito a servirsi del sistema, di chi c’è stato prima e di chi c’era in quel momento.

non so voi, ma io preferisco essere scemo ma avere la skill di imparare dal mondo che può insegnarmi, piuttosto che essere intelligentissimo e inguaiarmi in una battaglia persa, contro il mondo.
col mondo scientifico, con l’universo sociale, e con altro ancora, si può solo collaborare; cercando di crescere con esso e migliorandolo spostando tutto quanto, spostandosi con esso, un passettino alla volta ma “as a whole”.

Categorie:Scienze, Storie di vita

L’involuzione della specie pt2

la storia arriva da uno zoo di Chicago, dove nel 1996 un bambino di tre anni, che si era sporto troppo, è scivolato ed è caduto nella fossa dei gorilla.

Immaginate le facce terrorizzate delle famiglie benpensanti che osservano impotenti la scena, immaginate la loro angoscia quando un esemplare di gorilla femmina si alza e si avvicina a grandi passi verso il bambino svenuto per il colpo… e immaginate le loro facce incredule mentre vedono quella nostra lontana cugina pelosa che solleva dolcemente il bambino, come avrebbe fatto con un suo cucciolo, e lo porta verso l’uscita della fossa, dove ormai è abituata a veder entrare e uscire gli altri esemplari della specie del bambino, gli operai dello zoo.
Chissà se si è resa conto della grandezza del suo normalissimo gesto, e chissà se la notizia è arrivata alle orecchie di quelle madri che gettano i figli nella spazzatura, li vendono o peggio.

La vita moderna è stressante, si sa, e ogni tanto c’è bisogno di un bravo gorilla che ci insegni a non comportarci da animali.

L’involuzione della specie pt1

non sono le scimmie diventate uomini, ma sono gli uomini che diventano scimmie.
queste argomentazioni un giorno le raccoglierò tutte nel mio libro “l’involuzione della specie” (anche se involuzione è un termine a mio avviso sbagliato, ma fa comunque scena)

una volta ho visto un documentario in cui uno scimpanzé (che chiameremo ‘A’) usava una pietra piatta ove posizionava una bacca dura e una pietra tondeggiante che usava mo di martello sulla bacca.
un altro scimpanzé (‘B’) osservava la scena con delle bacche in mano.
quando lo scimpanzé ‘A’ aveva finito il suo lavoro, lo scimpanzé ‘B’ ha indicato la pietra piatta con l’indice e ha detto “hu”. al che lo scimpanzé ‘A’ ha preso le sue bacche “sbucciate” e con la zampa ha spinto la pietra piatta verso l’altro della sua specie.

quando prestavo le mie penne ai compagni delle elementari, nel caso mi venissero restituite, 2 volte su 3 presentavano il cappuccio brutalmente masticato.
non ho esempi di esperienze simili dalle scuole medie all’università, semplicemente perché non ho mai fatto le scuole medie.

Categorie:Scienze

Neodarwinismo ed evoluzione apparente di E.Coli

tutto nasce da un battibecco che casualmente mi sono ritrovato a seguire con interesse.
i due litiganti sono l’emerito professor Richard Lenski
e il sito conservatore Conservopedia (della quale non riporto il link, per disdegno).

per farla breve, Lenski nel 1988 ha coltivato in 12 provette, dei batteri di E. Coli (che vivono anche nell’ intestino umano), osservandoli generazione dopo generazione per 20 anni e documentando i cambiamenti avvenuti, mantenendo la sua promessa e pubblicando un ottimo articolo nel giugno del 2008, a ricerche concluse, e rendendolo PUBBLICO in pdf (e qui, il buon Lenski meriterebbe un applauso per lo spirito di condivisione)

il lavoro di Lenski, voleva essere quello i provare definitivamente la veridicità dell’evoluzione e del concetto di neodarwinismo, mettendo i batteri in un ambiente nel quale, per sopravvivere, avrebbero dovuto evolversi. l’E. Coli, ha un ciclo di vita molto breve, quindi in 20 anni lo scienziato ha analizzato circa 44000 generazioni di batteri, prendendone dei campioni ogni 500 generazioni, per poi poterle analizzare ad esperimento concluso, e tracciarne un quadro evolutivo che, secondo la teoria, avrebbe portato all’evoluzione del batterio, secondo piccole mutazioni genetiche consecutive.
come calcolato dallo stesso Lenski, durante i 20 anni si sono verificate più volte tutte le mutazioni possibili e, stando così le cose, l’esperimento può considerarsi concluso.

analizziamo con più precisione il lavoro del biologo:
(ma con meno precisione rispetto a leggersi il suo pdf)
i batteri sono stati coltivati in un terreno che conteneva un po’ di glucosio e molto citrato, perciò una volta esaurito il glucosio, i batteri avrebbero continuato a crescere solo utilizzando il citrato.

siccome i colibatteri in condizioni aerobiche (presenza di ossigeno) non sono in grado di utilizzare il citrato, avrebbero potuto continuare la crescita solo sviluppando tale capacità. dopo una serie di cambiamenti adattativi di scarso interesse evolutivo (ad esempio aumento delle dimensioni dei batteri), oppure degenerativi (mutazioni che hanno danneggiato gli apparati di riparazione del DNA, riducendo così la capacità dei batteri di neutralizzare le mutazioni che avvengono), dopo 31.500 generazioni è finalmente comparsa una nuova caratteristica: una parte dei batteri aveva acquisito la capacità di utilizzare il citrato, capacità che l’autore chiama “novità chiave”.

Lenski si è poi chiesto se tale acquisizione è dovuta ad una mutazione complessa e rara, oppure ad una sequenza di mutazioni delle quali la prima ha “preparato” la strada alle successive, fino ad arrivare all’ effetto cumulativo della comparsa di una nuova caratteristica. Analizzando i campioni congelati, l’autore si è accorto che è dopo 21.000 generazioni che i colibatteri di una delle 12 provette hanno subìto qualche mutazione ed è da quella provetta che discende il ceppo che 10.000 generazioni più tardi svilupperà la capacità di nutrirsi di citrato; questo è stato confermato sperimentalmente, ripetendo il percorso evolutivo col ricoltivare i batteri congelati dopo la 21.000 generazione.

quindi non si tratta di una rara e complessa mutazione, ma di una sequenza di piccole mutazioni, con il risultato finale di acquisizione di una nuova caratteristica. questo è precisamente il meccanismo darwiniano di accumulo di piccole variazioni con comparsa di nuove caratteristiche (si tratta comunque di un’ipotesi). per provare la sequenza delle mutazioni Lenski avrebbe dovuto sequenziare il DNA nelle diverse generazioni di batteri e descrivere esattamente le mutazioni ed il rapporto tra esse, cosa che l’autore non ha fatto e che intende fare in futuro.

poiché l’inabilità dei colibatteri di nutrirsi di citrato è utilizzata in laboratorio come caratteristica distintiva per la loro identificazione, Lenski conclude che la scomparsa di tale caratteristica si può considerare come trasformazione di una specie in un’altra. insomma, sarebbe in questo modo provato che piccole mutazioni nel corso della riproduzione possono avere un effetto cumulativo, con la comparsa di nuove caratteristiche e trasformazione di una specie in un’altra.
qual è il significato di ciò che si è verificato nell’esperimento?
che gli E.Coli potessero sviluppare mutazioni e nutrirsi di citrato, è stato scoperto molti anni prima; il fatto interessante è semmai, aver provato sperimentalmente l’origine di questa mutazione.

quindi ok, l’evoluzione è vera? siamo tutti d’accordo?
per la verità, no.
qualcuno avanza obiezioni e afferma che i colibatteri utilizzanti citrato sono una specie diversa, ma è soltanto un gioco di parole, perché sarebbe come se gli uomoini fossero considerati di specie diverse rispetto solo perché alcuni tollerano il latte di mucca e altri no.

per quanto riguarda la conclusione che l’abilità di nutrirsi di citrato sia una “novità chiave”? quì ci viene in aiuto il buon professor Enzo Penetta (che non me ne voglia male se gli copio parte del materiale ma è molto ben scritto) che ci ricorda che tutti i colibatteri sono in grado di nutrirsi di citrato, ma solo in condizioni anaerobiche, cioè in assenza di ossigeno. Quindi le macchine molecolari che utilizzano il citrato sono già presenti nei batteri e, in condizioni anaerobiche, funziona anche una pompa molecolare che consente al batterio di trasportare il citrato dall’ambiente all’interno della cellula, funzione che è soppressa (o inespressa) quando è inutile, cioè in condizioni aerobiche. Perciò basterebbe un guasto nell’interruttore della pompa per lasciarla sempre attiva, cosa che è antieconomica e dannosa per la sopravvivenza del batterio in condizioni normali (in natura). Quindi la “novità chiave”, verosimilmente, è un guasto in un meccanismo già esistente, non la creazione di una nuova e complessa macchina molecolare. Cambiamenti di questo tipo si conoscono da tempo e in dettaglio, ma non portano certo ad un’evoluzione direzionale tale da trasformare un batterio addirittura in un batteriologo. L’armadillo non si può essere formato con un continuo processo di ablazione di funzionalità, da una cellula batterica, perché rimuovere funzionalità significa semplificare un meccanismo e significherebbe affermare che l’armadillo è una semplificazione del batterio. In altre parole, le conclusioni di Lenski sono l’ennesima testimonianza della incapacità nel distinguere tra l’alterazione del funzionamento di una struttura cellulare complessa già esistente per danno da mutazione (evento degenerativo e inutile per l’evoluzione) e la comparsa di una struttura cellulare complessa nuova in un organismo che prima ne era sprovvisto (evento indispensabile per potere immaginare un’evoluzione direzionale con trasformazione di un organismo in un altro, con la comparsa di forme nuove e più complesse di vita).Considerando poi che nel periodo di osservazione si sono verificate più volte tutte le mutazioni possibili, il risultato dell’esperimento, più che una prova di evoluzione, è semmai la fine dei tentativi di provare sperimentalmente l’evoluzione.
cosa strana è che parrebbe che le maggiori riviste divulgative (anche quelle pro-evoluzione come “le scienze”, versione italiana di Scientific American) non abbiano menzionato l’articolo di Lenski.
secondo le mie ricerche, solo la rivista “new scientist” ha pubblicato in rete il lavoro del biologo Lenski.
il biologo (evoluzionista) Jerry Coyne, dell’Università di Chicago, ha poi dichiarato che «l’esperimento è la conclusione che caratteristiche così complesse possono evolvere da eventi improbabili, che è esattamente ciò che i creazionisti considerano impossibile».

quello che invece ha riscontrato un certo successo mediatico, è il dibattito tra conservopedia e lo stesso Lenski (qui trovate l’intero esilarante dibattito).
conservopedia, che voleva esprimere disaccordo con le conclusioni tratte dall’esperimento, anziché commissionare un commento ad un esperto in grado di spiegare ai lettori lo scarso significato dei risultati e l’inconsistenza delle conclusioni, commissiona il lavoro a Andy Schlafly, laureato in giurisprudenza. e qui inizia la parte più divertente.
Conservopedia in pratica, si è limitata ad aggredire Lenski in modo goffo e maleducato, senza entrare minimamente nei meriti scientifici dell’esperimento, insinuando che i risultati dello studio sono falsi e che l’articolo non è stato corretto a dovere prima della pubblicazione. all’autore sono state poi fatte domande di chiarimento, alcune del tutto inconsistenti, ventilando anche l’ipotesi di chiedere campioni di colibatteri per poter ripetere l’esperimento e verificare la veridicità dei risultati.

Lenski, scienziato stimato con oltre 100 pubblicazioni nelle riviste specializzate e comunicatore navigato qual’è ha risposto per le rime, ridicolizzando la già ridicola conservopedia. si è anche dimostrato sarcastico, dichiarandosi pronto a fornire i colibatteri a persone idonee ad utilizzali, ricordando a Schlafly che nel frattempo può disporre del miliardo di colibatteri che vivono nel proprio intestino.

questo scontro di opinioni ha divertito me e un sacco di persone tra cui Piergiorgio Odifreddi che ne dedica una pagina persino nel quotidiano “”la repubblica” dell’ 11-ott-2008.

bene,
quindi,
al di la delle risate, qual’è il risultato di Lenski?
direi nessuno.
nel suo esperimento sono state fatte delle considerazioni partendo da assunti scorretti.
l’esperimento sull’evoluzione dei batteri si è rivelato un non esperimento sull’evoluzione.
per concludere cito lo stesso Enzo Pennetta in uno dei suoi articoli, che parlando di “evoluzione per guasto” (se mi passate il termine) riporta:

Come si può dunque affermare che il solo cambiamento del contenuto genetico possa essere indicato come evoluzione? I danni genetici esistono e non si può evitare di affrontare questo punto punto quando si parla di evoluzione, quindi non ogni cambiamento genetico è evoluzione.
Nell’esperimento di Lenski si assiste dunque a qualcosa assimilabile alla genesi di una cellula cancerosa, al cambiamento dell’espressione di un gene preesistente, e non alla nascita di una nuova proteina con una nuova funzione, un cambiamento che è stato fatto diventare positivo solo alterando artificialmente il terreno di coltura di E. coli.
Ci si trova dunque nell’obbligo di compiere una scelta: o il caso dell’E. coli non è evoluzione ma alterazione di una funzione per danneggiamento/aggiramento di un meccanismo di blocco, o anche le cellule cancerose dovranno essere riportate come esempi di evoluzione.

se avete le palle e v’interessa, leggetevi in ordine, gli articoli di risposta del professor Pennetta al lavoro di Lenski.
una spiegazione approfondita, può solo giovarci.

primo

secondo

terzo

ovviamente noi della redazione siamo più che ben disposti alla critica e alle correzioni, purché non siano fatte a malo modo.