Riflessioni illuminanti di quando la vita fa schifo e magari sei sbronzo

trasposizione di sillogismi della nottata di ieri:

Talvolte la vita è un pantano di merda.
Ti imprigiona,
ti impregna di un senso di nullità, di impotenza,
di piattume e prevedibilità.
Tu provi a cambiarla ma ti senti come un criceto che corre in una ruota; provi fatica e affanno, ma non vai da nessuna parte.
In quei momenti di abattimento, mi vengono in mente due cose: 1) i miei studi classici/filosofi preferiti, e 2) il mio amico Rascah, dagli Urali, che ieri, da sbronzo ma in un flash di lucidità, mi parla e mi dice:

Bere merda per bere merda, giacché tutto è un mare di merda
e quindi a noi non resta che bere questa merda col gusto di ingoiarne a galloni godendoci la sensazione della merda che scende giù per la gola e una volta appresa l’arte di ingoiarne a galloni, come se questo fosse l’apice della vita e che sia tutto quello che la vita stessa possa offrire, allora si aprorno un sacco di strade della felicità, dove tutto è possibile.

enorme e dirompente l’analogia con ciò che prima di ascoltare il mio amico, pensavo ieri tornando a casa in sella alla mia bici, ricordando un grande filosofo che diceva spesso ai suoi allievi che:

“quanto più la vita fa schifo, tanto più è gustoso tuffarcisi e sguazzarci dentro come porci nei propri escrementi”.

inoltre sosteneva che:

“Chi non ha capito quanto sia divertente sguazzare nella merda e tirarla addosso a quelli che pensano di essere puliti, non ha capito proprio un cazzo!”.

le persone possono essere distanti, migliaia di chilometri e separati da oceani, montagne e paesi Baschi, ma certe connessioni rimangono per sempre, perché una volta squarciato il telo della vita e della socialità, la verità che ci si nasconde setto, non cambia mai.

storie ispaniche d’amore e degrado.

Che mondo magico la Castilla Leon! è forse la prima regione dove il degrado si concentra per la maggiore, al di fuori della propria capitale.

Quello che ho scoperto in Spagna, è che ogni città in ogni regione, ha il suo punto forte e che la sua determinazione non può che venire dall’analisi dei proverbi locali. Ad esempio, a Toledo, l’espressione “vamos a matar judios” (tradotto: andiamo ad ammazzare i giudei) si usa per dire “andiamo a farci una sangria” e fa pensare all’apertura mentale dei toledani e la loro strana maniera di divertirsi.

Ad Albacete, un detto famoso è: “En Albacete caga y vete” che è un po come dire che Albacete va bene solo per cagarci e andarsene

Parlando invece delle peculiarità di Salamanca, questo detto (apparentemente noto da secoli, e non scherzo) la dice lunga:

  • Salamanca, la que no es puta es manca

che significa che a Salamanca, quella che non è una zoccola, è senza mani… ok, io sono qui da diversi mesi e di ragazze senza mani non ne ho ancora incontrate e quindi a conti fatti… ma no, Cantastorie, è sicuramente un detto popolare, forzatamente volto ad ingigantire una realtà che evidentemente sta stretta a qualche ottuso conservatore moralista; non darai mica peso a queste voci di corridoio, vero? eppure, anche se dopo poche settimane iniziavo a ricredermi, pochi giorni fa ho avuto una ridente conferma della veridicità di questo proverbio.

Venendo al dunque, tempo fa la ragazza di un mio amico è venuta da me a farsi scopare, fallendo miseramente perché ho ancora una moralità e passando la notte sul divano in salone, dopo che l’ho rimproverata. Per giustificare alle sue amiche il fatto che è rimasta a dormire da me, ha detto che ha vomitato tutta notte e che io non ci ho provato perché sono gay.

HAHAHA! il mondo è una cosa fantastica amici miei, mi ci trovo un sacco bene.

honey

La fotosintesi vince! Vita personale nella Spagna caliente

Avete presente quando un vostro spasimante partner vi sta troppo appiccicato e volete sbolognarlo? se siete donne di bell’aspetto, probabilmente sì, se siete uomini e vivete in Lombardia, probabilmente no. cadendo nella categoria “uomini trasferitisi all’estero”, per me è un esperienza del tutto nuova.

mi sta capitando molto frequentemente di sentirmi importunato da delle attenzioni che non voglio. sì, ok, all’inizio la cosa era anche lusinghiera e sono sempre stato carino e gentile con tutte ma ho recentemente scoperto l’esistenza, intrinseca nell’uomo, di un meccanismo di autoconservazione che ci trasforma in puttanelle cocainomani di pieno rispetto quando una persona non desiderata ci sta troppo appiccicata. devo ammettere che il tutto è illuminante e ora, dopo decine di anni, capisco (in parte) perché a volte le donne si inacidiscono a caso con uomini che sì, saranno un po insistenti, ma in fondo non fanno male a nessuno.

veniamo al dunque:

questa è una breve storia liberamente tratta da un esperienza personale recentissima consumatasi per messaggi (qui tradotti dallo spagnolo all’italiano).  Per rispetto della praivasi, chiamerò l’interlocutrice Anna.

  • Anna: ma scusa, perché adesso fai il difficile e non vuoi più uscire con me? cos’è cambiato da prima che partissi per Italia per natale?
  • Cantastorie: non metterla sul personale… è che te l’avevo detto che non cercavo una relazione.
  • Anna: ma ti è capitato qualcosa?
  • Cantastorie: ascolta, sarò franco, sto pensando ad un’altra che ho conosciuto recentemente e sinceramente mi sento un po coinvolto. sarà sicuramente una cagata perché questa mica sarà lì ad aspettarmi, ma per adesso è così, non esco con due ragazze insieme, anche se stanno a 2000km di distanza l’una dall’altra. fattene una ragione. se vuoi usciamo in amicizia, no problem ma niente più, al meno finché non mi sarò schiarito le idee.
  • Anna: quindi te ne vai in Italia e te ne trovi un’altra così?
  • Cantastorie: dai, quante volte siamo usciti io e te? 3? mi sembra presto per dichiarmi di tua proprietà. ti giuro che sarà carino e buono ma adesso devo stare da solo, dico veramente.
  • Anna: ma non hai detto che “non cercavi una relazione”? a me sembra che con questa qui tu abbia una relazione
  • Cantastorie: lo so ma le cose capitano ed evidentemente, non prendertela, non è capitato con te. e che io abbia una relazione con un altra… ti stai spingendo un po lontano.
  • Anna: ma allora cosa vuol dire quel messaggio che mi hai scritto l’ultima volta che ci siamo visti dove mi dicevi “è stato bello?”
  • Cantastorie: cosa vuoi che significhi? adesso però devo studiare, lunedì ho un esame. ci sentiamo più avanti va bene?
  • ————— qui c’è un lungo intermezzo fatto di capricci volti a farmi perdere la pazienza ———————
  • Anna: no, adesso mi dici cosa significa quel messaggio se no m’incazzo!
  • Cantastorie: significa “adoro il sesso in generale. con te o con qualsiasi altra donna. avrei potuto fare sesso con una pianta e avrei mandato alla pianta questo stesso identico messaggio. forse la prossima volta lo farò, mi sembra un’ottima strategia. la fotosintesi vince.”

credo che io e Anna non ci sentiremo più avanti.

Indirizzodelblog! l’unico blog che racconta di storie di sessismo al reverse! al meno finché delle turbo-femministe retrò mi troveranno e puniranno schiaffeggiandomi pubblicamente con dei dildi di gomma e magari avranno anche ragione…. in effetti mi sento proprio una puttanella come Tea’s Tacos, ma in fondo mi piace così 🙂

Vecchiaie. un articolo scaturito da un compleanno.

– “Cantastorie, perché scrivi sempre pezzi cinici, pieni d’odio, neri e pessimistici?”
– “Perché quando sono felice, esco.”

ti accorgi di essere vecchio quando provi ammirazione per personaggi della scena sportiva che sono più giovani di te.

lo stesso ragionamento funziona nel mondo della musica, dello spettacolo, della politica… con la differenza che se provi ammirazione per personaggi della politica, al 96% sei un coglione.
se non vi viene in mente nessuno che ammirate e che è più giovane di voi, perché siete dei minorati mentali, in tal caso vi posso dare una mano:
Cobain viaggiava sui 25 anni quando ha rivoluzionato il suono del rock di quei tempi.
Marunde era uno degli uomini più forti del mondo a 25 anni.
la Monroe aveva 24 anni quando uscì Eva contro Eva (e 26 quando recitava per “gli uomini preferiscono le bionde”)

quando capita ‘sta cosa ti rendi conto che loro cel’hanno fatta perché sono partiti prima di te adesso, perché prima di te adesso, avevano dimostrato talento che tu adesso non hai palesato.
come dire che si è già in ritardo a 25 anni (ipotesi).

comunque c’è gente che è sempre stata in ritardo.
mentale.
quindi in fondo non mi lamento troppo.

con una mia vecchia affair, ora carissima amica (che ogni volta che rivedo, mi ricorda che in circolazione c’è ancora gente degna di stima e col cuore al posto giusto), parlavo recentemente del fatto di essere (ora mai) trentenni e di vivere a casa coi genitori, di non aver ancora finito di studiare, di non avere una professione vera (o di non avere proprio un lavoro), di non essere nemmeno lontanamente nel setting ambientale per avere una famiglia, un futuro o uno spettro di stabilità relazionale-emotiva-sociale-economica (scegline uno, o di più se sei fortunato) e insieme ricordavamo di 20 anni fa, quando di anni ne avevamo 10, vedendo questi trentenni (allora rari) che appunto, vivevano con la mamma e il papà.
“che pezzenti, come si fa ad avere trent’anni ed essere ridotti senza un lavoro? senza una laurea? senza un partner che non sia cosa occasionale e da poco?”
e ora eccoci quà, trentenni senza niente in tasca,
trentenni senza un futuro nitido,
trentenni sui quali non conta nessuno,
trentenni che risparmiano sui 2€ come quando si era al liceo.
trentenni che vanno con le ragazzine perché ora mai le trentenni non hanno neppure più la voglia di scopare.
trentenni che vivono come i ventenni annoiati, nelle loro fetide città periferiche perché non sanno fare altro della loro vita.

poi ogni tanto qualcuno, alla matrix, si risveglia dal suo uovo pieno di placenta appiccicosa e si dice che deve fare qualcosa e allora esce il mio amico Rashiah e dice che dal mese prossimo si trova un appartamento in città, in affitto. ma stellino, dopo che hai venduto al mercato nero il rene di destra e il polmone di sinistra, gli organi ridondanti sono finiti, e poi?
e poi aimé la squallida realtà ti vomita nuovamente in quell’ovetto di placenta appiccicosa a prendere freddo e a marcire. non so come saranno i 35 o i 40 ma temo che saranno pieni di gente che pur di uscire dai 30 di cui parlo ora, si farà piacere qualche orribile sistemazione del cazzo, come lavorare in una cartiera avendo una laurea in chimica o servendo ai tavoli di un ristorante avendo studiato marketing per 6 anni, e sposarsi la prima ragazza con la faccia butterata che non ha trovato nessun altro o il primo ragazzo morto di figa e senza la minima profondità intellettuale, che fuorché un bel visino non ha nulla.
la verità è che diversamente, saremmo trentenni lodevoli, trentenni brillanti, trentenni pieni di spirito come una bottiglia di grappa, ma qualcosa ci schiaccia e ci limita, e per non vivere questa vita di adulti sprecati, ci confiniamo ai primi del 2000 quando giovani, pensavamo che saremmo riusciti a vivere felici delle vite soddisfacenti.
e invece no.

ma dov’è l’inghippo? cosa ci frena? e quindi eccoci arrivati al cuore di tutta questa filippica:
lasciar dire o far dire a giovani adulti (come me) che aumenteranno disastri naturali, guerre, povertà, criminalità, crisi economiche e che la vita è una merda (tutta roba vera) non è propriamente una buona validazione della capacità dei vecchi ad insegnare, ma piuttosto una definitiva condanna della passività di ogni precedente generazione.

stiamo assistendo al perpetuarsi del solito colpevole schema per cui, conservare tutto, comprese la paura e l’immobilità, garantisce al predecessore attenuanti e alibi nel processo intentato, per obbligo storico, da parte del postero. il vecchio imbroglio si ripete puntuale. capisci?
i nostri padri ci fanno piangere per il nostro futuro.
sperando che nessuno faccia niente.

perché se nessuno di noi farà niente, loro saranno giustificati nel non aver fatto niente e la cosa affascinante è che sta succedendo esattamente questo.
l’unica scelta è quella da che parte stare, se tra quelli che non fanno niente o tra quelli che non hanno fatto niente. l’altra scelta, quella che stai pensando adesso, caro mio, è la scelta che hanno fatto quelli che a 25 anni ce l’hanno fatta  e intendo Monroe&Cobain inc.
nel 2000 il gioco della era come una partita a bocce, “arrivare corti” significava sperare che qualche boccia errante, colpendoci, ci avvicinasse al boccino;
e invece amico mio, più passa il tempo e più credo che siamo arrivati lunghi e che questa volta, il boccino ce l’abbiamo alle spalle. possiamo rimanere lì o allontanarci ancora.

ecco tutto.

Categorie:Storie di vita

Odio nel traffico

Essendo un forestiero a Milano e dovendoci, oggi, passare solo per attraversare in due la città, non posso fare a meno di guardarmi intorno e notare tutta una serie di cose ormai scontate per i milanesi, per esempio che il traffico è come un maestro spietato, uno vecchio stampo. Mi terrorizza, mi mette ansia, mi punisce regolarmente non appena commetto una piccola trasgressione, poi però a volte mi dà delle grandi lezioni, offrendomi magnifiche immagini che esprimono in modo sublime l’intensità del vivere milanese.
Due persone all’incrocio si sono messe a litigare, affacciate ai rispettivi finestrini.

macchineUno (a) stava cercando di parcheggiare a ‘S’ accanto al marciapiede sinistro al di sotto del semaforo, ma l’altro (b) era arrivato e si era messo in coda al semaforo della strada a due corsie, e in un attimo si era ritrovato incolonnato dalle macchine dietro di lui e alla sua destra, senza potersi più muovere, intralciando così la manovra del primo. Quei due sapevano bene che la cosa sarebbe durata pochissimo, sapevano bene che dopo pochi secondi sarebbe scattato il verde e tutto si sarebbe risolto facilmente, sapevano bene che non si sarebbero mai più rivisti, e, razionalmente parlando, sapevano bene che non aveva senso né scopo mettersi a litigare.
Eppure, lo hanno fatto lo stesso, e a dirla tutta quello era un gran bel gesto, una specie di ringraziamento, perché in mezzo a tutta questa ricchezza caotica niente va sprecato.
Tutta una serie di scelte inconsapevoli aveva fatto sì che quei due si incontrassero a quell’incrocio. Le probabilità che quell’incontro avvenisse erano veramente ridicole, sfioravano quelle di vincere al Superenalotto, perciò appunto per questo l’incontro non doveva finire nel nulla, era unico, rarissimo, irripetibile, c’erano volute due lunghe vite distinte fatte di miliardi di scelte e decisioni per condurre a quell’evento, per far trovare lì, in quel momento, quei due meravigliosi idioti. un lavoro lungo, meticoloso e silenzioso, e poi alla fine eccotelo qua, l’evento tanto improbabile è avvenuto, due sconosciuti che non hanno assolutamente niente da spartire si sono incontrati, e la sorte ha voluto metterli l’uno contro l’altro. Che fare quindi? che dire? io dico che va benissimo, non è un problema, anzi è un sintomo positivo, è vitale, ed è qui che si nasconde il senso di tutta questa baraonda.

Se l’unica interazione possibile tra due tizi che si incontrano deve essere per forza di cose un odio irrazionale da esprimere in pochi secondi, allora dai, diamoci dentro, odiamoci, scanniamoci, non facciamo i timidoni perbenisti, su, che la vita è un mozzico, avanti! celebriamo la ricchezza della realtà e delle sue miracolose infinite possibilità mandandoci appassionatamente a morire ammazzati a vicenda augurandoci l’un l’altro di contrarre un male terribile e incurabile che privi l’altro di tutta la sua dignità di uomo (o donna) senza lasciargli null’altro che l’amarezza di una vita rovinata per sempre per un capriccio del destino.

Ho la sensazione che tutto questo lo sapessi da sempre, ma mi ci è voluto un incrocio melanese per azionare questo domino di pensieri e farmi capire la natura della vita e adesso lo vedo chiaramente:
quando la vita non offre alternative e l’unica (ma dev’essere davvero l’unica) interazione possibile è l’odio, perché tutto il resto non esiste e vi trovate di fronte ad un muro e ne siete certi, allora ignorarsi è uno spreco di vita e non una dimostrazione di superiorità intellettuale. da sempre, gli intellettuali amano e odiano e i sentimenti sono quelli che hanno fatto crescere volumetricamente il nostro cervello, differenziandoci per la prima volta, dai rettili (se qualcuno non lo sapesse, i rettili hanno emozioni limitatissime, meno dei volatili e meno del vostro fidanzato, ad esempio)

Anche a voi, sì, che possano accadervi le cose peggiori, che possiate non trovare mai pace, che possiate incontrare stasera stessa la vostra nemesi, per poi consumarvi a vicenda in un nero destino di odio senza speranza.
Evviva la vita, gente!

Amore (questo blog è il mio sacchetto del vomito, non lo sapevate?)

l’amore è una questione di fornire affetto impunemente, perché così dev’essere.
quando ami sul serio, ti doni per l’altra persona a piene mani perché è questo sentimento che ti porta a spenderti così.
la cosa più rischiosa quando si ama qualcuno è in effetti il fattore “ritorno di fiamma” ovvero il dover rendere conto dell’amore che si dona, in tempi e modi convenienti per il sé.
e questo capita quando finisci per innamorarti di chi con leggerezza, trasforma l’amore in un desiderio puramente egoistico e scevro di emotività o senso di colpa.
in altre parole l’amore è come una pisciata, la fai quando ti scappa, addosso a qualcuno/qualcosa. e lo riscaldi.

 

 

con la differenza che dopo che hai pisciato, ti senti meglio.

Categorie:amore et similia

Neurogenesi anche in età adulta

qualcuno ha mai detto che questa si chiama rubrica del giovedì perché pubblico tutti i giovedì? forse sì, ma non sono stato io. ecco tutto.

La pratica di testare al suolo gli ordigni nucleari è stata una delle più deleterie della Guerra Fredda e ha provocato un elevato quantitativo danni all’ambiente a causa ad esempio della radioattività diffusa in atmosfera senza nemmeno innescare una guerra seria. Sono stati 40 anni a misurarsi chi aveva l’uccello più lungo.

Tuttavia, ha anche portato qualche vantaggio secondario, come dimostra lo studio pubblicato sulla rivista “Cell” da un gruppo internazionale di ricercatori, a prima firma la giovanissima e azzarderei bellissima Kirsty L. Spalding, che hanno sfruttato quella radioattività per stabilire che anche nell’essere umano un numero significativo di neuroni dell’ippocampo, una regione cerebrale cruciale per la memoria e l’apprendimento, viene generato in età adulta.

La scoperta in se stessa, mette la parola fine ai vecchissimi precetti della neurogenesi insegnata in ambito accademico ancora oggi, secondo la quale i neuroni umani vengono creati in fase embrionale e dopo di ché sono semplicemene destinati a diminuire nel tempo. Già da molto tempo si sa quantificare la nascita di nuovi neuroni nei topi ma non negli esseri umani a causa dell’invasività delle indagini necessarie. Spalding e colleghi hanno perciò pensato di usarare un “orologio” fisico molto importante per le datazioni in diversi ambiti scientifici: il carbonio-14.

Neurogenesi negli adulti? La conferma arriva quindi dalla boooombaaa!
L’abbondanza dell’isotopo radioattivo liberato in atmosfera terrestre è aumentata a partire dal 1945 in seguito ai test nucleari che venivano effettuati al suolo, per poi diminuire costantemente dopo la loro messa al bando, intorno al 1963. Il carbonio entra poi nella catena alimentare umana attraverso le piante e viene fissato nel DNA ogni volta che si forma un nuovo neurone. I neuroni possono così essere datati come se fossero reperti archeologici. Semplice e geniale.
Frenchman Flats, in foto, sito del Nevada dove sono stati tenuti centinaia di test nucleari come quello che ha trasformato il dottor Banner in Hulk.

Nevada sito test nucleare

 

Misurando la concentrazione di carbonio-14 nel DNA dei neuroni umani, Frisén e colleghi hanno dimostrato che più di un terzo di quelli dell’ippocampo vengono regolarmente rinnovati per tutto il corso della vita. Ogni giorno, nell’adulto si aggiungono circa 700 nuovi neuroni per ogni ippocampo, con un ricambio annuale totale che si aggira intorno all’1,75 per cento e che declina solo leggermente con l’età. Per chi seguisse questo blog e non fosse affine con la statistica, significa un ricambio totale in qualcosa come 60 anni.

“Si è creduto a lungo che l’uomo avesse un numero di neuroni determinato alla nascita una volta per tutte”, sottolinea Jonas Frisén, uno degli autori della ricerca. “Questa è la prima prova sperimentale che la formazione di nuovi neuroni può contribuire alla funzione cerebrale anche in età adulta”, “gne gne gne, siete tutti dei coglioni, ho ragione io, mi devi 10 yen” questa invece è mia e Frisén non c’entra niente.

Microfotografia in falsi colori di tessuto ippocampale: si distinguono in verde gli astrociti e in rosso le regioni contenenti il DNA

E’ naturale a questo punto pensare a nuove prospettive di terapia per le malattie neurodegenerative. Basti pensare a tutte quelle malattie (si pensa anche la depressione) che sono legate ad una neurogenesi ippocampale ridotta, potrebbero avere un nuovo metodo di diagnosi.
Una bella dose di sane, vecchie radiazioni.

Gerd Kempermann in un articolo di commento apparso su “Science”, che lessi on-line poco tempo fa, disse che la neurogenesi adulta nell’ippocampo, oltre a contribuire alla plasticità del cervello potrebbe avere un ruolo non solo nella sua stabilità, ma addirittura nella sua individualizzazione e quindi nella formazione della personalità, come suggeriscono recenti ricerche sui gemelli monozigoti.
A questo punto posso concludere che spero che la mia nuova personalità che emergerà con la formazione di giovinissimi neuroni nel circuito ippocampale, possa prendere il sopravvento, odiarsi sempre di più e rendersi conto che questa rubrica del Giovedì ha senso di esistere quanto un vaccino per l’influenza H1N1.

giovedì prossimo, se ne avrò voglia, pubbliecherò la seconda parte dell’articolo con altre ricerche sulle neuroscenze che all’università non ti insegnano perché quei porci dei docenti attengono a dei libri che sono stati stampati quanto più l’anno scorso e caso mai hanno a che fare con l’editoriale. XD

L’amore e altre cose che si sputtanano regolarmente

hegelHegel sostiene che l’amore supera il diritto in termini d’importanza. il diritto è giusto mentre l’amore vuole il bene dell’altro senza anteporre il proprio.
in un certo senso, in una struttura sociale basata sul diritto, l’individuo compie o meno una determinata azione in funzione della mera conseguenza del proprio agire e di per se questo è un segno di un chiaro Handicap morale.
i deterrenti non possono costituire l’unica forma di educazione morale di una persona, la paura delle conseguenze impoverisce l’io e ti lascia spoglio; quando si ama, le scelte non si fanno nella paura.
ed è per questo che quando il diritto incontra l’amore non si possono più fabbricare scuse di alcun genere.
ed è anche vero che quando ci si ama il diritto non centra più nulla, torto o ragione non sono più neinte.
in somma, per Hegel l’amore accetta qualunque torto, basta chiedergli scusa.
Hegel non era scemo.
Sapeva che però tali sentimenti hanno bisogno di conferme e nutrimenti. Quando ami il tuo carnefice, non è amore, è sindrome di Stoccolma.

 

baudelaire«ma l’amore, per me, non è nient’altro che un materasso d’aghi su cui dare da bere a queste femmine crudeli»
Baudelaire.
effettivamente, altre traduzioni (quasi tutte per la verità) rendono le ultime due parole “crudeli puttane”. personalmente continuo a reputare il tutto un tantino esagerato ma non sono in vena di correggere Baudelaire…
sinceramente non so quale fosse il suo problema. capisco Leopardi che era alto 1 metro e 30, tisico e brutto come il fondo della padella, ma Baudelaire non era nemmeno male. otre a questo dettaglio, di donne lui ne aveva e ne ha sempre avute, anche più di una in contemporanea.
i soggetti frustrati e dalla vita fallimentare scrivono dei loro fallimenti, Baudelaire aveva donne, successo, soldi, fama e ciò nonostante dell’amore non ha fatto che parlare male. che avesse ragione lui? credo di sì. poi ripeto: non mi sento titolato per correggerlo o dargli del cretino.
al massimo posso sbilanciarmi e dire che Baudelaire e Voltaire si sono un po fatti rovinare la salute.

 

bukowski-2San Bukowski patrono degli innamorati (ritratto qui in una foto con la prostituta più sozza e malata di tutta Detroit) cerca di dare una definizione dicendo in sostanza che l’amore è una forma di pregiudizio; “si ama quello di cui si ha bisogno, quello che ci fa comodo. Come fai a dire che ami una persona, quando al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, se solo le incontrassi? Il fatto è che non le incontri”.
aggiunge anche una solita perla di cinismo dicendo “Io continuo a ripetermi che non tutte le donne sono puttane. Lo sono solo le mie.” perché lui non era uno che se la prendeva con gli altri, preferiva prendersela con se stesso. di fatto ha poi ha incontrato sua moglie (Linda aka Sara) della quale poi ha sempre parlato bene, anche quando si sono separati… anche se ad un certo punto, quel bene non ha più rappresentato niente ed è diventato noia. in fondo quello che importa, è grattarmi sotto le ascelle, disse una volta.

l’umanità fa schifo. povero Charles

 

 

sta di fatto che a volte non esistono delle vere e proprie definizioni, a volte l’amore è pavloviano e va accettato per quello che è, ovvero una gigantesca catena di reazioni elettrochimiche automatizzate che non si sa seguire e che alla fine, porta a sbavare come a lasciarsi, come a volersi bene, come a volersi fare il migliore amico del tuo ragazzo. poi i perché di tutto ciò vengono a galla col tempo, a volte troppo tardi, quasi mai col tempismo giusto per salvare le situazioni, che poi, chi resta, paga a carissimo prezzo.
a volte va tutto liscio tanto che non ti preoccupi di niente e poi SBAM! scopri che tutto un tratto la donna migliore che hai mai conosciuto ha levato l’ancora ed è andata all’estero e non vuole più vederti e credo che quello sia lo scenario migliore, dico sul serio… perché al meno non ti sei tirato paranoie e ti sei goduto il piacere delle cose fino all’ultimo. ecco tutto.

ora che abbiamo sentito tutti questi pareri autorevoli, citerò anche il dottor Cox che in merito al matrimonio disse “abbassati e schiva, come nel pugilato” stare insieme significa stare in un ring, anche se ha la forma di un divano.

però in mezzo a tutte queste sicurezze e opinioni illustri, è comunque normale sentirsi un po smarriti.
a volte sento di non aver capito niente,
a volte credo di aver capito tutto.
“Comprendere le donne? Io non lo farei. Le donne si capiscono solo tra di loro, e di solito si odiano a morte”
le donne si odiano
mi fa ridere ma mi piace pensarla così e in questo preciso momento in cui sono in pace e rilassato, preferisco fischiettarci sopra un bel pezzo degli anni ’60 dei “The Mama & The Papas” e dedicarlo a quella donna che per un po ha portato un raggio di sole nella mia vita.
ora se n’é andata, quindi son cazzi vostri.

http://grooveshark.com/#!/s/Dream+A+Little+Deam+Of+Me/3N7RHp?src=5

Stars shining bright above you
Night breezes seem to whisper “I love you”
Birds singing in the sycamore tree
Dream a little dream of me

Say “Night-ie night” and kiss me
Just hold me tight and tell me you’ll miss me
While I’m alone and blue as can be
Dream a little dream of me

Stars fading but I linger on, dear
Still craving your kiss
I’m longing to linger till dawn, dear
Just saying this

Sweet dreams till sunbeams find you
Sweet dreams that leave all worries behind you
But in your dreams whatever they be
Dream a little dream of me

 

fai buon viaggio Bambina.
non preoccuparti di niente, pago io questo giro di amari.